Quando finirà il silenzio delle Regioni?/1

Pochi lo hanno rilevato, ma le regioni hanno raggiunto un risultato di alto profilo innovativo in sede di revisione del decreto sul secondo ciclo presentato dal governo a gennaio. Nel nuovo testo infatti non si parla più di dividere il sistema educativo, e di lasciare i licei e/o gli istituti tecnici allo Stato e gli istituti professionali alle Regioni. Con tutti i problemi che conseguivano a questa pericolosa separazione (tipo ‘esisteranno istituzioni scolastiche e docenti che dipenderanno dallo Stato e altre che dipenderanno dalle Regioni?’).
Il nuovo testo del decreto, invece, accogliendo fino in fondo la rivoluzione imposta dal Titolo V della Costituzione e dalla sentenza n. 13 della Corte costituzionale, si limita a legiferare sugli aspetti ordinamentali del sistema educativo (percorsi liceali e livelli essenziali delle prestazioni per l’istruzione e formazione professionale), e lascia impregiudicati tutti quelli organizzativi e gestionali che competono, per l’intero sistema, alle Regioni.
L’impressione è che, dopo le modifiche introdotte al decreto, ogni scuola, fatta un’analisi della situazione, potrebbe decidere se proporre al proprio interno l’attivazione integrata di percorsi liceali e/o di istruzione e formazione professionale di durata variabile di tre, quattro cinque e più anni. Se così è, ogni scuola presenterà quindi i propri piani alle Regioni, ed esse, e solo esse, decideranno, in base alla programmazione predisposta, se, in quel territorio e in quella istituzione scolastica, si attiveranno i percorsi formativi richiesti.