Prove Invalsi promosse, ma…

Le cifre non ammettono dubbi. La partecipazione delle scuole alle prove Invalsi è stata massiccia, quasi totalitaria. Niente di paragonabile alle resistenze di massa che per due anni ostacolarono l’introduzione del National Curriculum e dei relativi test di verifica (con obbligo di pubblicizzazione) nella Gran Bretagna di Margaret Thatcher.

Lo sciopero proclamato dai Cobas nei giorni dedicati alle prove è fallito, e anche l’invito della Gilda degli insegnanti a somministrare le prove senza però raccoglierne gli esiti sembra essere stato accolto solo da pochi docenti.

Anche il campionario di risposte ai quesiti volutamente sballate, ironiche o polemiche esibito dai social network vicini all’area dei contestatori delle prove Invalsi ha avuto con ogni probabilità una scarsa consistenza quantitativa, e quindi trascurabile dal punto di vista dell’elaborazione statistica dei risultati.

Tutto bene dunque per l’operazione di screening di massa cui sono stati sottoposti milioni di studenti italiani dei vari livelli scolastici coinvolti? È legittimo avanzare qualche dubbio non tanto sul tipo di prove, che anzi sembrano migliorate rispetto alle precedenti per quanto riguarda la loro attitudine a rivelare le competenze degli studenti (intese come capacità di utilizzare le conoscenze per rispondere ai quesiti), ma sulla attendibilità dei risultati nelle scuole non ‘campionate’, dove i controlli sul comportamento degli studenti (e degli stessi insegnanti somministratori) sono stati a quanto pare assai blandi. Segno del fatto che la cultura della valutazione di sistema non è stata ancora pienamente accettata dagli insegnanti, e che non è stata ancora fatta sufficiente chiarezza sul fatto che essa non è alternativa ma complementare alla valutazione didattica. Un tema da approfondire, che Tuttoscuola seguirà con particolare attenzione.