Piano scuola estate, Versari: ‘Sbagliato pensare di tornare in classe come sempre. Aprire la scuola per non rimanere soli’

“L’idea è quella di non rimanere da soli in questo periodo, dopo che si è rimasti da soli per molto tempo”. Poche parole, semplici e chiare, quelle che usa il capo dipartimento del Ministero dell’Istruzione, Stefano Versari, per motivare l’idea del Piano scuola estate a “L’ora di buco, storie di vita scolastica“, la trasmissione radiofonica di Tuttoscuola su Radio Cusano Campus.

Ascolta l’intervista di Tuttoscuola a Stefano Versari

Riascolta tutta la puntata de L’ora di buco, storie di vita scolastica del 19 maggio

Sappiamo molto bene che sono milioni i ragazzi a cui la pandemia ha rubato tanto e che ora hanno bisogno di recuperare, non tanto in termini di apprendimenti (per quelli possiamo tranquillamente dire che la scuola non si è davvero mai fermata), quanto invece in termini di socialità. Ed è qui che entra in gioco il piano scuola estate. Durante la puntata dello scorso 19 maggio de “L’ora di buco storie di vita scolastica” abbiamo provato quindi a capire meglio di cosa si tratta insieme a Stefano Versari, Capo Dipartimento del ministero dell’Istruzione, nonché firmatario della circolare che il piano scuola estate lo ha proprio lanciato. “Abbiamo letto, sentito e condiviso da mesi a questa parte le difficoltà degli studenti nel relazionarsi, nel comunicare fra loro – ha detto Versari -. Se ci sono difficoltà, recuperiamo risorse ingenti per favorire e consentire alle scuole di realizzare attività anche per il per il periodo estivo”.

E a chi pensa “Mai a scuola d’estate”, il  capo dipartimento risponde: “Uno pensa al periodo estivo come se si dovesse tornare in classe d’estate. Il tema del piano scuola estate non è questo. Il tema è aprire la scuola, rendere disponibile le possibilità di accedere alla scuola laddove non ci siano altri spazi di socialità. Oppure aprire, partecipare ad altri spazi di socialità, spazi sportivi, teatrali di volontariato. L’idea è non rimanere da soli in questo periodo dopo che si è rimasti per molto tempo da soli. A questo servono le risorse, perché le scuole le spendano per realizzare quello che è più opportuno in base alle esigenze e necessità. Realizzare in quella scuola quello che serve in base al territorio”.

“La partecipazione non è obbligatoria né per i docenti, né per gli studenti – ha spiegato ancora Versari -. I docenti che aderiranno avranno risorse aggiuntive rispetto al loro stipendio, ma se non dovesse esservi disponibilità degli insegnanti, non è necessario che queste attività siano svolte dai docenti di ruolo, possono essere svolte da educatori, società sportive, dal terzo settore. Il problema è solo uno: che la scuola decida in relazione al proprio contesto e al suo bisogno quello che le serve”.

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