Piani di studio personalizzati: il silenzio sulle quote regionali/3

Anche ammesso che questo meccanismo possa funzionare a livello di scuole del I ciclo di istruzione, tuttavia, si comprende subito, secondo il prof. Bertagna, quanto esso risulti molto più difficile, quando non impraticabile, con le scelte rese note a gennaio dal Ministero riguardo al II ciclo di istruzione. Per i licei, infatti, si parla di un nucleo fondamentale nazionale che oscilla tra le 30 e le 33 ore obbligatorie settimanali e si prevedono solo 3 ore opzionali facoltative (arriviamo alla possibilità di 36 ore settimanali). Lo spazio delle ore che, a regime, potevano corrispondere alle quote regionali e di aumento della flessibilità assegnata all’autonomia delle istituzioni dove lo si trova, a questo punto?
Nelle tre opzionali facoltative che potranno diventare obbligatorie quando ci saranno le quote regionali? Dove si collocherà allora la personalizzazione dei piani di studio affidata alle scuole se tutto è obbligatorio e per di più fino a 33-36 ore?
E i limiti di flessibilità e compensazione tra le discipline a disposizione per le istituzioni scolastiche, previsti nel dlgs. n. 59/04, come si ricavano nei licei riformati?
Davvero è poi difendibile l’idea che si possa chiamare nucleo nazionale fondamentale un plafond di ben 33 ore settimanali obbligatorie per i licei con indirizzi e di ben 30 per quelli senza?
Non si era sempre detto che 25 ore, a questo scopo, erano già troppe? Non è che si svela, in questo modo, solo l’inerzia di un modo centralistico di costruire i piani di studio precedente il 275/99 e la 53/03?
Apparirebbe più ragionevole, proprio per i discorsi sull’autonomia e sul superamento della rigidità, riprendere almeno l’articolazione del piano di studio del primo ciclo: 27 ore settimanali di nucleo fondamentale nazionale (con alcune discipline obbligatorie a scelta degli studenti) e 6 ore opzionali facoltative, con al massimo tre di queste sei ore a disposizione per le quote regionali che approfondiscano a livello territoriale discipline ed attività presenti nel nucleo fondamentale nazionale.
Forse così non si aprirebbe la questione di un possibile ridimensionamento degli spazi di autonomia scolastica, con conseguente grave limitazione dell’autonoma elaborazione del piano dell’offerta formativa da parte delle singole scuole.