Perché conoscere la Storia è fondamentale per la tech generation

«Non è credibile l’ignoranza dei nostri giovani su fatti della storia contemporanea». Nella sua rubrica ‘Mano Libera’, sul supplemento settimanale 7 del Corriere della Sera, Gian Antonio Stella cita questa lagnanza, che sembra di stretta attualità, spiegando poi che in realtà appartiene a un giornalista e politico ex garibaldino – Edoardo Arbib – che la scrisse in un articolo pubblicato sullo stesso quotidiano milanese il 17 luglio 1888.

Ma la stessa considerazione, aggiunge Stella che pone un problema molto serio, si potrebbe fare oggi, visto che ben tre su quattro partecipanti al programma di quiz L’eredità di Carlo Conti, tutti abbastanza giovani, hanno sbagliato la risposta sulla data di nomina di Adolf Hitler a cancelliere della Germania (hanno risposto 1948, 1964 e 1979, cioè ben dopo la fine della seconda guerra mondiale e la morte di Hitler), e il quarto ha dato la risposta giusta – 1933 – solo perché era rimasta l’unica possibile.

«Non sarà il caso di dare più spazio alla Storia nelle scuole accettando quel consiglio di 130 anni fa?», chiede alla fine Stella rivolgendosi direttamente alla ministra Valeria Fedeli. La ministra ha replicato con una lettera indirizzata al direttore del Corriere della Sera, pubblicata due giorni dopo (sabato 16), nella quale afferma che sì, «la Storia è una cosa seria», ma «in quanto metodo critico di percezione dei fatti, prima ancora che come cognizione degli eventi», capacità di interpretarli più che di conoscere «la mera successione dei fatti». E aggiunge che in questa direzione vanno le Indicazioni nazionali del Miur che riguardano gli obiettivi di apprendimento per i Licei. Ma poi, fatta questa quasi difesa d’ufficio dell’azione svolta dal Ministero, ammette di essere preoccupata per il fatto che «la lezione della Storia non penetri nelle coscienze delle nostre ragazze e dei nostri ragazzi in modo più profondo».

Riteniamo che questa preoccupazione della ministra Fedeli sia assolutamente fondata, perché proprio una maggiore sensibilità storica, la capacità di interpretare i grandi eventi del passato collocandoli nella loro dimensione temporale e storico-culturale, e di leggere il presente alla luce del tormentato percorso che ci ha condotti fino a oggi, costituisce il più potente antidoto al ‘presentismo’, quel fenomeno di totale immersione nel presente, visto come unica dimensione della realtà, che insieme alla pervasiva avanzata delle nuove tecnologie e dei social sembra dominare nel comportamento e negli interessi dei giovani della tech generation.