Napolitano/2. Ma come sarebbe la scuola padana?

Durante la legislatura 2001-2006, con il secondo governo a guida Berlusconi, la Lega Nord ha avuto l’opportunità di incidere in modo determinante sulla legge di riforma costituzionale, da essa fortemente voluta, faticosamente approvata dal Parlamento alla vigilia dello scioglimento delle Camere e poi bocciata dal successivo referendum confermativo (a differenza della legge n. 3 del 2001, voluta dal centro-sinistra, che fu invece confermata malgrado il successo elettorale del centro-destra nelle elezioni svoltesi quell’anno).

Nella riforma targata Lega si riconoscevano alle Regioni competenze essenzialmente organizzative e gestionali in tre settori: sanità, polizia locale e scuola. Niente di sconvolgente sia perché venivano confermate come prerogative del centro la definizione delle norme generali e dei livelli essenziali di prestazione sia perché, per quanto riguarda specificamente la scuola, restava di competenza dello Stato la definizione dei programmi.

Attenzione: dei programmi sia del sistema scolastico sia di quelli dell’istruzione e formazione professionale, che invece la riforma del 2001 (vigente) separava, facendo rientrare nelle norme generali solo quelli riguardanti la scuola e assegnando il sistema di istruzione e formazione professionale alla competenza legislativa ‘esclusiva’ delle Regioni (costrette, come poi si è visto, a raggiungere faticosi accordi tra loro per dare valore nazionale alle qualifiche e ai diplomi).

Insomma, messa alla prova la Lega si è mostrata per certi aspetti perfino più centralista rispetto a quanto stabilito dalla riforma del 2001. Certo, il modello leghista avrebbe permesso alle Regioni del Nord (non alla ‘Padania’), ma anche a tutte le altre, di organizzare il servizio con proprie regole (presumibilmente: dimensionamento, gestione del personale, in prospettiva – ma solo a federalismo fiscale compiuto – organici e reclutamento), ma il vincolo delle norme generali, compresi i programmi per scuola e formazione, e dei livelli essenziali delle prestazioni non avrebbe consentito fughe di tipo neanche lontanamente secessionista. La minaccia/promessa di secessione della Lega, vista anche sotto questo versante, sembra avere tutto l’aspetto, insomma, di una tigre di carta (elettorale).