L’inarrestabile marcia del tempo pieno
All’inizio del nuovo millennio la questione del tempo scuola nel primo ciclo era uno degli argomenti caldi della nascente autonomia scolastica, ancora un po’ venato dal dibattito ideologico che ne aveva caratterizzato lo sviluppo tra gli anni ’80 e ’90.
Mentre nella scuola primaria la percentuale degli alunni che si avvalevano del tempo pieno era di poco superiore al 21%, nella scuola secondaria di I grado la percentuale degli alunni che si avvalevano del tempo prolungato era invece circa del 29%: una forbice significativa, destinata però a ridursi gradualmente.
Già allora si intravvedeva una differenza di andamento nelle due tipologie di tempo scuola, una differenza data dalla diversa percentuale delle classi organizzate a tempo pieno o a tempo prolungato rispetto alla percentuale degli alunni che se ne avvalevano.
Ad esempio, nella scuola primaria (si chiamava ancora elementare) nel 2003-2004, a fronte di una percentuale del 24,3% di alunni a tempo pieno, funzionava con quel modello organizzativo una percentuale minore (22,8%) delle classi, segno che era maggiore la domanda (gli alunni) rispetto all’offerta (le classi).
Invece nella scuola secondaria di I grado nello stesso anno la percentuale di alunni che frequentavano il tempo prolungato era del 26,2% a fronte del 28,9% di classi organizzate con quel modello di tempo scuola: l’offerta (le classi) era maggiore della domanda (gli alunni).
Si confermava, comunque, in termini di percentuale di alunni iscritti, la prevalenza del tempo prolungato rispetto al tempo pieno, ma s’intravvedeva anche la flessione del primo e lo sviluppo del secondo. Ora i due trend si sono consolidati e si è assistito addirittura ad un rovesciamento nella diffusione di questi due modelli di scuola, come emerge dai dati presentati nelle notizie successive.
Quale situazione del tempo scuola in questo nuovo anno scolastico? Dall’analisi della situazione attuale si possono individuare correttivi per fare del tempo scuola una risorsa effettiva per qualificare l’offerta formativa?
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