Liceo Virgilio e dintorni: in crisi il rapporto scuola-famiglia? L’esperienza di una mamma

I recenti fatti di cronaca che hanno interessato negativamente il liceo “Virgilio” di Roma hanno aperto un dibattito non solo sul problema delle occupazioni studentesche degenerate in atti vandalici, danneggiamenti e interruzione dei servizi scolastici da parte di una minoranza di ragazzi, ma anche sul rapporto tra genitori e figli, tra scuola e famiglia, tra studenti e insegnanti. Anche Papa Francesco ha affrontato il tema in una sua recente udienza.

C’è una crisi del rapporto educativo tra figli e genitori? C’è una incapacità/difficoltà dei ragazzi di esprimere la loro voglia di libertà? C’è una difficoltà degli insegnanti di orientare positivamente le azioni dei ragazzi? È in crisi il rapporto scuola-famiglia? Cosa si può fare di nuovo e di diverso?

Il problema non è nuovo e già una decina di anni fa il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Fioroni, ne aveva dato una sua personale (e condivisa da molti) interpretazione: «I genitori devono smettere di essere i sindacalisti dei loro figli».

Vi chiediamo di darci i vostri pareri, raccontarci le vostre esperienze, di proporre soluzioni o strade nuove. Liberamente. Se lo chiedete, vi garantiamo l’anonimato. Potete scrivere a redazione@tuttoscuola.com o contattarci attraverso la nostra pagina Facebook.

Vi aspettiamo e intanto pubblichiamo di seguito l’esperienza di una mamma.

Una mamma racconta

«Sono la madre di una ragazza che frequenta l’ultimo anno in un liceo scientifico in una città emiliana. Nella sua classe vi sono alcuni studenti indisciplinati, soliti disturbare le lezioni e farsi richiamare ripetutamente. Alcune settimane fa ho partecipato all’assemblea di classe con molti altri genitori. Abbiamo incontrato l’insegnante di matematica che, più di altri docenti, soffre di questa situazione.

Dopo aver illustrato la situazione difficile della classe a causa del comportamento di diversi studenti, ha chiesto l’aiuto e la collaborazione delle famiglie per ottenere dai ragazzi atteggiamenti più rispettosi e corretti.

Dentro di me mi sono detta che avrei insistito su mia figlia per assicurare un comportamento collaborativo verso l’insegnante e dissociativo verso taluni compagni. Ne avevamo già parlato a casa, ma forse sarebbe stato opportuno ritornare sull’argomento, anche se so che mia figlia, molto aperta e assennata, autonoma nei giudizi, non aveva bisogno delle mie raccomandazioni.

L’insegnante, dopo il breve incontro, si è allontanata dalla classe e noi genitori siamo rimasti soli per qualche minuto in attesa dell’arrivo di un altro professore. Nell’attesa, si è cominciato a parlare dell’incontro con l’insegnante e, soprattutto, delle richieste da lei rivolta a noi genitori.

“Spetta a lei tenere la disciplina in classe”, ha osservato una madre.
“Non ha polso – ha aggiunto un’altra – e i ragazzi ne approfittano; ma la colpa è sua”.
“Se non sa tenere la disciplina in classe con i nostri ragazzi, è meglio che cambi mestiere”, ha incalzato un altro genitore.

Non potevo credere alle mie orecchie, mentre assistevo sbalordita al crescendo di accuse all’insegnante. Era corale l’atteggiamento duramente critico nei suoi confronti. Nessuno ha osservato che non si parlava di bambini ma di ragazzi tutti ormai maggiorenni.

“Se non è capace di insegnare, è meglio che si licenzi e cambi lavoro” è stata la lapidaria la conclusione di un genitore.

Non una parola, una, sui comportamenti dei ragazzi, nemmeno per minimizzare o giustificare. Ero senza parole. Che tristezza!».