Azzolina alla scuola: cari amici vi scrivo…
Si era notato, e lo avevamo evidenziato la scorsa settimana, che il linguaggio del Ministero stava cambiando. Stava diventando meno asetticamente burocratico, più amichevole. Due note ministeriali in materia di didattica a distanza, indirizzate a USR, dirigenti scolastici, docenti e perfino ai sindacati, esordivano con l’aggettivo “Carissimi”, e non mancavano di passaggi nei quali il burocratese cedeva il passo a una comunicazione più calda.
Un portato, si diceva, del ricambio anche generazionale del top management del MI, avvenuto con la nomina dei due nuovi capi Dipartimento, Giovanna Boda e Marco (Max) Bruschi. Ma non era pensabile che un così evidente cambiamento semantico fosse un’iniziativa personale dei due alti funzionari. E infatti una conferma è arrivata dalla lettera aperta indirizzata sabato scorso dalla ministra Lucia Azzolina non alla solita catena gerarchica (direttori generali, dirigenti scolastici, docenti ecc.) ma orizzontalmente a tutta la scuola, lettera che inizia con lo stesso superlativo affettivo: “Carissimi”. A cambiare insomma non è solo il linguaggio del Ministero ma, prima ancora, quello del Ministro: una millennial, come la sua vice Anna Ascani, formatesi nell’era di internet e della destrutturazione, anche sul piano amministrativo, di quella istituzione totale, per dirla con Foucault, che era stato il Ministero di viale Trastevere fino alla fine del XX secolo. Che usava uno stile comunicativo ben diverso da quello figlio dei nostri tempi. Uno stile che forse qualcuno rimpiange, mentre altri ricordano piuttosto la grande competenza che caratterizzava le indicazioni che provenivano dal Palazzo della Minerva.
L’autonomia delle scuole, sia pure ingabbiata in una miriade di prescrizioni, e soprattutto la pervasività della società dell’informazione, che influisce sui tempi e sui modi dell’apprendimento individuale e sociale (il cooperative learning) e sui rapporti interpersonali, hanno accorciato le distanze tra docenti, studenti e genitori, valorizzando la dimensione comunitaria e partecipativa dell’educazione (la parola ‘comunità’ compare sette volte nella lettera del ministro).
Così, e non solo per le straordinarie circostanze nelle quali si trova ora ad esercitare le sue funzioni, Azzolina si sente vicina e com-partecipe della vicissitudine che investe la scuola, come mostrano bene queste sue parole: “In questi giorni faticosi penso spesso al suono della campanella. Quel suono a volte fastidioso, ma sempre emozionante, che fino a due anni fa ogni mattina rappresentava per me il vero inizio della giornata: salutare le colleghe e i colleghi insegnanti, il mio dirigente scolastico, il personale ATA, incontrare le studentesse e gli studenti, e quell’aula vuota che in pochi secondi si riempiva di vita, risate, rumore, sguardi assonnati”.
Rimpianto? Nostalgia? No, sembra piuttosto consapevolezza, da parte di Azzolina, dell’importanza della funzione di socializzazione svolta dalla scuola, tanto più evidente in un momento in cui è venuta a mancare. Dovrà essere recuperata, ma coniugandola con le nuove modalità di apprendimento a distanza e miste per le quali gli insegnanti e soprattutto gli studenti italiani stanno dimostrando di essere pronti e interessati.
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