Letizia sulle orme di Margaret

Ormai i segnali sono molti, e vanno tutti in una sola direzione: Letizia Moratti sembra voler dare ragione, coi fatti, a coloro che – forse un po’ prematuramente – ne avevano parlato già al momento della nomina come di una Margaret Thatcher in versione italiana. L’aspetto per il quale la similitudine appare azzeccata è quello del rapporto tra risorse e riforme. Si ricorderà che la Thatcher introdusse in Gran Bretagna nel 1988 il “National Curriculum” (un’operazione paragonabile, per ampiezza, alla riforma Moratti), anche per ragioni di contenimento e razionalizzazione della spesa, fino ad allora gonfiata dalla miriade di materie (con pochi allievi) nelle quali si frammentavano i molto flessibili curricoli locali. Le resistenze dei sindacati furono durissime e prolungate, ma alla fine decine di migliaia di insegnanti si rassegnarono ad andare in pensione o a riconvertirsi.
La stessa sorte sembra ora attendere, in Italia, i maestri che saranno resi sovrabbondanti dal ritorno al maestro “prevalente” e dall’aumento del numero di allievi medio per classe, nonché i professori che saranno “risparmiati” a seguito della riduzione degli orari di insegnamento in tutti quei corsi che attualmente superano le 30 ore settimanali. Per non parlare del “rientro” in aula di “comandati” a vario titolo.
Il nesso riforme/risorse, come lo fu per la Thatcher, appare strettissimo anche nelle più recenti mosse della Moratti: le riforme si devono fare, ma la spesa va contenuta e riqualificata.