Le scelte drastiche postulano maggiore condivisione tra Stato e Regioni

Il passaggio in sede di Conferenza Unificata del piano programmatico di interventi volti ad una maggiore razionalizzazione dell’utilizzo delle risorse umane e strumentali potrà chiarire, con il concorso delle Regioni, se i termini reali della riduzione influiscono e in che misura sul livello di qualità della scuola.

In quella sede non è difficile ipotizzare che le Regioni non mancheranno di manifestare, in assenza di un preciso campo di criteri determinati dal Parlamento, perplessità sulla piena coerenza ai principi costituzionali dell’attribuzione al ministro dell’istruzione della potestà di modificare le disposizioni legislative vigenti in relazione ai regolamenti governativi attuativi delle disposizioni in materia di organizzazione scolastica.

La previsione di definire con uno o più regolamenti il quadro giuridico di attuazione del piano programmatico, sentita la Conferenza Unificata, ossia con un’Intesa “debole“, a “tempo“, decorso il quale il Governo può prescinderne, rende manifesta l’intenzione politica di riservare al Governo una posizione privilegiata, assicurandogli la possibilità di procedere anche in assenza di condivisione del contenuto dell’atto da parte delle Regioni e delle autonomie locali.

Va detto che la complessità e la delicatezza del settore scuola avrebbero dovuto consigliare una maggiore co-determinazione del contenuto dell’atto quale espressione concreta di attuazione del principio di leale collaborazione.

L’idea che la riorganizzazione scolastica, nei termini e secondo le forme e le modalità indicate dal decreto legge n.112,  possa essere realizzata completamente fuori da un convinto coinvolgimento delle Regioni e del sistema delle autonomie locali è rischiosa e probabilmente velleitaria.