La Storia bussa alla porta dell’Europa. Va studiata e capita

L’Europa, con la parziale eccezione delle vicende che hanno insanguinato la dissoluzione della ex Jugoslavia, ha vissuto negli ultimi 77 anni il più lungo periodo di pace della sua storia. Gli studenti europei, almeno quelli dell’Europa liberal-democratica, la guerra l’hanno incontrata solo sui libri di testo: eventi lontani, un po’ noiosi, sentiti come irripetibili, insomma vicende “di prima”. L’invasione russa dell’Ucraina ha improvvisamente spezzato l’incantesimo, o l’illusione, che mai più la guerra avrebbe riguardato l’Europa.

L’evidenza, minuto per minuto, delle distruzioni e dei morti, resa possibile dagli smartphone e da internet, e la minaccia putiniana del possibile ricorso ad armi nucleari “per ragioni di autodifesa”, seguita da una simmetrica dichiarazione del segretario di Stato USA Blinken (“La Nato è un’alleanza difensiva, noi non cerchiamo il conflitto. Ma se il conflitto viene da noi saremo pronti”) fanno scoprire ai giovani europei di oggi che la Storia non è finita nel 1945 con la fine della seconda guerra mondiale (terminata con il lancio di due bombe atomiche sul Giappone). E neppure nel 1989, quando l’abbattimento del muro di Berlino spinse il politologo americano Francis Fukuyama a scrivere il noto saggio The End of History and the Last Man (1992) nel quale teorizzava il superamento della competizione, anche bellica, tra modelli di governo con la definitiva affermazione della democrazia liberale a livello planetario (ma è del 1994 la pubblicazione del discusso ma profetico, per certi aspetti, Clash of Civilization di Samuel Huntington).

Per il momento non sembra che gli studenti, almeno quelli italiani delle scuole secondarie superiori, stiano reagendo agli eventi ucraini con la stessa, forte partecipazione anche emotiva che li ha spinti a manifestare in piazza a difesa del clima e contro l’alternanza studio-lavoro. Il segnale è preoccupante. Vuol dire che né lo studio della storia, intesa come materia scolastica, né quello dell’educazione civica e della Costituzione, dove campeggia l’art. 11 (“L’Italia ripudia la guerra…”), hanno lasciato una traccia di qualche importanza nella sensibilità etico-sociale dei nostri studenti.

Forse è il caso, e il momento, di riflettere su come rendere più efficace e coinvolgente l’insegnamento e l’apprendimento di questi autentici cardini di una convivenza civile e pacifica tra i cittadini e tra i popoli. La Storia non va tanto studiata quanto capita e interiorizzata. Solo così diventerà (finalmente) “magistra vitae”, e aiuterà a capire che le tante guerre che ne hanno punteggiato il decorso non hanno mai rimosso le cause che hanno provocato altre guerre. Solo la pace, intesa kantianamente come alternativa globale e definitiva alla guerra, può mettere l’umanità al riparo da altre guerre, soprattutto da quella nucleare. Che sarebbe l’ultima, e segnerebbe davvero la fine della Storia.

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