La settimana della Maturità

Per il secondo anno consecutivo l’“Esame di Stato conclusivo del corso di studio di istruzione secondaria superiore”, la denominazione ufficiale, voluta dal ministro Luigi Berlinguer, di quella che prima e dopo ha continuato a chiamarsi “Maturità”, si svolge nelle circostanze straordinarie determinate dalla pandemia di Covid-19.

Anche quest’anno l’esame è solo orale, anche se a differenza dell’anno scorso la promozione non è garantita in partenza. Non è difficile, tuttavia, prevedere che i risultati non saranno molto diversi: nel 2020 il 9,9% dei candidati ha ottenuto il massimo (100) e il 2,6% anche la lode, e si è confermata la tendenza a una distribuzione dei voti alti che favorisce le Regioni del Sud rispetto a quelle del Nord, in vistosa contraddizione con l’esito delle prove Invalsi.

Andrà così anche quest’anno (qui gli auguri di Valentina Vezzali, sottosegretaria al Consiglio dei Ministri con delega allo Sport) e anche negli anni successivi post-Covid, fino a quando l’esame si svolgerà più o meno con le attuali regole, che riconoscono una abbastanza rilevante discrezionalità valutativa ai membri delle commissioni, a maggior ragione se tutti interni. Che fare per restituire credibilità e oggettività all’esame? Una soluzione sarebbe quella di prevedere soltanto prove scritte computer based sulle principali discipline di studio valutate non dai commissari ma da un elaboratore centrale; ad esse si potrebbe affiancare una unica prova orale, del tipo di quella prevista quest’anno, ma centrata sulle competenze personali (soft e character skills) e sulle esperienze formative del candidato. La valutazione finale potrebbe consistere in un voto (o in una lettera, come in altri sistemi scolastici) per ciascuna delle prove scritte, in una scala da 1 a 5 (o da A a E), e in un giudizio descrittivo per quanto riguarda la prova orale.

Ma proviamo a guardare anche più avanti. La prospettiva di una maggiore personalizzazione degli itinerari, sulla quale c’è una ampia convergenza degli esperti a livello internazionale, consiglierebbe tuttavia di lasciare agli studenti una maggiore libertà di scelta tra le prove scritte d’esame (oltre a italiano due o tre altre discipline, non necessariamente quelle ‘caratterizzanti’ dell’indirizzo di studio). Nel triennio conclusivo degli studi secondari superiori (se resteranno quinquennali) gli studenti dovrebbero essere messi in condizione di orientarsi e di scegliere le materie sulle quali sostenere le prove scritte della Maturità.

Questo, naturalmente, comporterebbe una diversa organizzazione delle classi e degli insegnamenti (per gruppi aperti e per livelli) e il superamento degli standard di prestazione uguali per tutti. Gli ulteriori sviluppi della scuola digitale rendono tecnicamente possibile la personalizzazione dei curricula individuali. Il biennio horribilis del Covid-19 ha accelerato i tempi di questa transizione, che fino a poco tempo fa sarebbe apparsa fantascientifica.

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