La scuola dopo il Coronavirus: l’occasione per cambiare è adesso

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Se la scuola, come la dinamica degli eventi lascia prevedere, riaprirà solo a settembre o, ancora più probabilmente, dopo, i decisori politici (Governo e Ministro, che potrebbe avvalersi di superpoteri assegnatigli dal decreto legge anti-Coronavirus in corso di emanazione: vedremo cosa stabilirà la legge di conversione) dovranno scegliere tra due scenari: uno continuista, con il ritorno della scuola allo status quo ante Coronavirus, e uno dis-continuista, che partendo da una analisi di quanto accaduto in questi mesi di didattica a distanza forzata guarda a un modello diverso, come quello delineato nella notizia precedente.  

A questo proposito è interessante quanto scrive Vittorio Midoro, uno dei più autorevoli esperti italiani di tecnologie didattiche, in un articolo pubblicato sul sito Agendadigitale.eu, “Il Covid-19 ha portato il mondo della scuola a un bivio. Se, passata l’emergenza, riterrà che tutto dovrà tornare come prima, avrà perso l’occasione per fare i conti seriamente con la rivoluzione digitale, rimanendo invischiata nella crisi in cui si dibatte. Se invece vorrà affrontare i problemi messi a nudo dall’emergenza, ne uscirà con la consapevolezza della necessità di imboccare la strada che conduce a una nuova scuola per la società digitale”.

Tra i politici (e sottolineiamo che il luogo più appropriato per discutere su un nuovo modello di scuola è il Parlamento) è Valentina Aprea, deputata e responsabile per l’istruzione di Forza Italia, a battere su questo punto in una nota nella quale dichiara, tra l’altro, che “se il mondo non sarà più lo stesso dopo il contagio del coronavirus ai popoli del pianeta, è inaccettabile pensare che ancora una volta solo la scuola debba ricominciare a settembre con gli stessi schemi e i vecchi riti, propri di un sistema educativo fermo a paradigmi del novecento”. E aggiunge: “non è il tempo delle polemiche, ma delle visioni.” Ci vuole “una Fase due di interventi per riscrivere su nuove basi il sistema educativo nazionale”. “La prima mossa – afferma Aprea – deve riguardare l’abolizione del valore legale del titolo di studio, secondo la visione di Luigi Sturzo e di Luigi Einaudi”. Elemento indispensabile per cambiare realmente è “la formazione iniziale e continua dei docenti nella direzione di un modo di fare scuola che deve essere del terzo millennio. A partire dalle più essenziali competenze digitali per l’uso di device attraverso reti accessibili e funzionali, i docenti italiani devono ripensare il proprio ruolo in modo interdisciplinare e molto più giocato sulle soft skills che sulle singole discipline e le formule teoriche di trasmissione e verifica dell’apprendimento”.

A nostro avviso quanto sta avvenendo nelle scuole e nelle case degli italiani a seguito dell’epidemia segna un punto di svolta irreversibile. A settembre 2020, anziché tentare di “recuperare” spezzoni di vecchi programmi della vecchia scuola, sarebbe saggio e lungimirante aprire il cantiere di una scuola nuova, da (ri)costruire a partire dagli studenti, preparandoli per quanto possibile a un futuro che – piaccia o no – sarà dominato dalle nuove tecnologie. Prepararli vuol dire anche offrire loro quelle riserve di umanesimo, di cultura, di valori che sono patrimonio dell’umanità, che vanno però trasmessi secondo i meccanismi di apprendimento di questa era, avvalendosi anche delle tecnologie a disposizione. Come strumento e non come fine, ça va sans dire.