La scuola della ricerca: il clima, la grande sfida che interpella i docenti

Di Franco Lorenzoni

Una scuola che ricerca è una scuola in cui le domande si moltiplicano, una scuola in cui bambini, ragazzi e tutti noi docenti ci mettiamo costantemente in gioco. Una scuola in cammino, dunque, che pur avendo un orizzonte di riferimento, nessuno sa in anticipo con precisione quale sarà la strada che imboccheremo. “El camino se hace al andar”, ci ricorda il poeta Antonio Machado. E il cammino lo scopriamo davvero camminando, quando ci poniamo domande legittime, cioè domande aperte, dentro cui entrare e scavare.

Chi insegna può presumere di conoscere già alcune risposte, ma non è detto che siano le uniche risposte possibili. Chi ha esperienza concreta di didattica sa bene che i modi per arrivare a risolvere un problema da parte di ciascuna ragazza o ragazzo possono essere i più diversi e allora, per attivare costantemente un ascolto reciproco attento e fare del dialogo l’architrave del processo educativo, non ci possiamo limitare a trasmettere un sapere dato solo attraverso lezioni frontali, spesso inefficaci, ma dobbiamo provare ad allestire ogni giorno un contesto di lavoro e di ricerca in cui tutti siano chiamati in causa a partecipare a una costruzione di conoscenze, che sarà necessariamente corale.

Per realizzarsi, infatti, ha bisogno della partecipazione attiva di tutti e delle diverse sensibilità e intelligenze di ciascuno. In questo momento abbiamo un’occasione unica per metterci alla prova. La gigantesca questione del surriscaldamento globale, infatti, ci chiama in causa come educatori per una ragione molto semplice: per una volta sono gli studenti che ci chiedono a gran voce di rimettere in causa le priorità della scuola e riorientare i nostri studi, non dimenticando le sfide del futuro. Greta Thunberg afferma che “la crisi climatica è la sfida più grande e complessa che l’homo sapiens abbia mai dovuto affrontare”.

Se concordiamo con questa affermazione, come possiamo non rivedere i nostri curricoli alla luce di urgenze colpevolmente sottovalutate? Certo, cambiare è difficile. Ma i giovani hanno buone ragioni per affermare che capire è cambiare e che, se non si cambia alcunché, vuol dire che non abbiamo capito! Ci sono enormi interessi economici in gioco, insieme ai rapporti di forza tra gli stati e alle leggi spesso inique del mercato. La scuola non può certo dare le risposte che spettano alla politica, ma può divenire il luogo privilegiato dove ci assumiamo la responsabilità di moltiplicare le domande. Per comprendere le dinamiche in campo abbiamo bisogno di storia, tanta storia, anche quella trascurata dello sfruttamento dell’energia e dei contradditori processi di decolonizzazione. E se vogliamo rivedere i curricoli giocando con le discipline, è evidente che abbiamo bisogno di chimica e fisica e matematica e statistica. Abbiamo bisogno di ripensare radicalmente l’insegnamento della geografia, materia sotto attacco negli ultimi anni eppure fondamentale, insieme alla demografia, se vogliamo leggere le sfide del futuro in un mondo in cui si moltiplicano i “profughi eterni”. Trent’anni fa Alexander Langer propose il tema della conversione ecologica, evocando una trasformazione che doveva intrecciare la necessaria necessaria riconversione energetica, agricola e industriale, con una più profonda trasformazione delle nostre relazioni con la natura, il pianeta e l’iniqua distribuzione delle ricchezze.

Nel cercare di individuare un’etica all’altezza di una sfida ecologica che sentiva ineludibile, proponeva di applicare una “regoletta kantiana” così formulata: ciascuno di noi dovrebbe limitare il suo consumo di risorse ed energia, adeguandolo alla possibilità che i sei miliardi di abitanti del pianeta possano consumare altrettanto. Siamo arrivati a essere oltre 7,7 miliardi noi inquilini della Terra e calcolare quali cambiamenti nei consumi e nel nostro stile di vita comporterebbe prendere sul serio quella “regoletta”, costituirebbe un ottimo esercizio per avvicinare al nostro sentire le condizioni di vita materiali di miliardi di nostri coinquilini, comprendendo che, già oggi, oltre la metà delle migrazioni forzate di intere popolazioni sono dovute a fattori climatici e ambientali.

Per affrontare un problema complesso abbiamo bisogno dell’apporto di tutte le discipline; l di frequentare più linguaggi possibili; l darci tempo, tanto tempo, il che comporta scegliere, fare meno, selezionare argomenti “imprescindibili”; avere la capacità di sostare a lungo attorno a domande che aprono ad altre domande; provare a ragionare più a fondo intorno alla questione delle competenze, intese come capacità individuali e collettive di trasformare abitudini di vita e di consumo consolidate;  accettare di insegnare senza avere certezze, consapevoli di non conoscere risposte certe e di avere di fronte domande legittime, da affrontare costruendo una comunità di ricerca, sia tra adulti che con ragazze e ragazzi.

Insieme a tante difficoltà ed ostacoli da affrontare, si apre tuttavia una grande opportunità: siamo infatti insieme in ricerca di fronte a grandi domande che hanno a che vedere con il futuro di tutti; abbiamo uno scopo molto alto, che dà grande responsabilità al nostro ruolo di educatori perché ci invita a immaginare, forgiare e mettere qualche nostro tassello nella costruzione di una cultura capace di creare, nei nostri quartieri e paesi e città, esempi di convivenza aperta e solidale, in una società che necessariamente sarà sempre più multiculturale e in continua trasformazione; dobbiamo incamminarci verso trasformazioni profonde del nostro vivere e del nostro consumare, che siano compatibili con la sopravvivenza di tutti gli umani e di più specie possibili di piante e animali nel nostro pianeta.

Penso che le sfide che abbiamo di fronte siano così alte e impegnative da stimolarci a impegnare tutte le nostre energie, indurci a lavorare insieme con efficacia, provando a dare il nostro piccolo contributo alla domanda di futuro che ci viene dalle generazioni per le quali lavoriamo.

L’inserto integrale dedicato a La scuola della ricerca è presente all’interno del numero di novembre di Tuttoscuola, sfoglialo qui