La nostalgia come strategia: tornare al (solo) concorso

La nostalgia come strategia/1

Come ha notato nei giorni scorsi Antonio Polito, arguto editorialista del ‘Corriere della Sera’ (‘Bel mondo antico, il governo della nostalgia’, 11 settembre), sta prendendo ormai forma in modo sistematico una tendenza del governo giallo-verde a tornare al passato, a un passato antecedente gli sconvolgimenti economici, tecnologici e sociali che hanno caratterizzato il XXI secolo, responsabili di aver scatenato i “demoni della modernità cosmopolita”.

Tornare a quando? A prima dell’apertura domenicale dei grandi centri commerciali, anzi possibilmente  provvedere alla loro chiusura, così da riaprire spazi ai tanti piccoli negozi messi fuori mercato e da dare alle famiglie l’occasione per riunirsi (a costo di alzare i prezzi). Tornare a prima delle grandi ondate migratorie (inferiori a quelle che hanno investito altri Paesi europei, ma sovrastimate nella percezione comune). Tornare a prima della TAV e della TAP in nome della protezione ambientale (a costo di incrementare ancora il trasporto su gomma e di alzare la bolletta energetica). Tornare alle nazionalizzazioni e a una nuova forma di Cassa del Mezzogiorno, erogatrice generosa di sussidi ora denominati ‘reddito di cittadinanza’. Magari tornare a prima dell’euro…

Non ci si può stupire se in questa ondata di nostalgia per l’Italia che fu venga in qualche modo rivalutata anche la scuola che fu: più ordinata, più rispettata (ma allora era rispettato anche il patto educativo da parte dei genitori), più governata da un Ministero che fino alla fine del secolo scorso era sì un imponente monolite burocratico, ma a suo modo efficiente nella sua logica rigorosamente top-down. In questo contesto l’avvento alla guida di viale Trastevere di un personaggio come l’attuale ministro Marco Bussetti, esponente della maggioranza ‘nostalgica’ ma nello stesso tempo anche dell’apparato burocratico del MIUR, costituisce una garanzia. E infatti Bussetti mostra diffidenza verso le ‘novità’ degli ultimi decenni, dalla inestricabile matassa delle graduatorie ai test Invalsi, dalla alternanza scuola-lavoro al reclutamento dei docenti per i quali sembra proporre (ma restiamo in attesa di chiarimenti e dettagli) di spazzar via vent’anni di tentativi di costruire un credibile percorso di formazione professionale iniziale per i laureati che intendono dedicarsi all’insegnamento per arrivare direttamente al concorso con il possesso della sola laurea.