La mensa scopre il tempo prolungato fasullo

A proposito di tempo prolungato nella scuola media, la recente circolare ministeriale sulle iscrizioni per il prossimo anno scolastico precisa che “L’offerta di tempo prolungato può comportare una durata del servizio fino a 40 ore settimanali e, secondo le disposizioni di cui al decreto ministeriale 22 luglio 1983, richiede altresì la disponibilità di adeguate strutture edilizie e delle attrezzature idonee, nonché – ove il servizio esiga l’organizzazione della mensa – l’esplicito impegno dell’Ente locale ad assicurarla“.
Negli anni ’80 quasi il 30% delle classi di scuola media sono state autorizzate dal Ministero della PI a funzionare a tempo prolungato, anche se quel servizio di mensa che avrebbe consentito i rientri pomeridiani ancora non c’era. Dopo vent’anni quel servizio in diverse scuole ancora non c’è e può capitare che le attività didattiche si svolgano solo al mattino. A organici pieni, senza cioè che l’amministrazione scolastica abbia revocato l’autorizzazione a organizzare il tempo prolungato.
Se in alcune province meridionali o insulari si mettono a confronto i dati degli alunni iscritti al tempo prolungato (si tocca anche il 30%) con i dati degli studenti che fruiscono della mensa (15-20 punti di percentuale in meno), sorge spontanea una domanda: quei ragazzini si portano il cestino del pranzo a scuola oppure, una volta tornati a casa, vi restano? E, visto che probabilmente di ragazzini al pomeriggio non ce ne sono, i docenti stanno a scuola al pomeriggio in aule vuote oppure concentrano la loro presenza (un po’ affollata) solo al mattino?
Viene anche da chiedersi perché non viene ampliato da parte degli enti locali il servizio di mensa in aree nelle quali evidentemente esiste una domanda sociale. Al di là di questo, la mensa potrebbe essere la cartina al tornasole per alcuni Uffici scolastici regionali per verificare l’effettiva esigenza in termini di organici.