La fiera dei ranking delle università

Il prossimo 3 ottobre saranno pubblicati i risultati del ranking (classifica) delle università del mondo realizzato dal settimanale Times Higher Education per il 2012-13.

Si tratta di uno dei tanti ranking che ormai compaiono periodicamente sui giornali di tutto il mondo (il più noto, insieme a quello del Times, è l’Academic Ranking of World Universities, ARWU, realizzato dal Center for World-Class Universities di Shanghai, ma ce ne sono altri).

Nella graduatoria del Times dell’anno scorso le università italiane meglio classificate erano Milano Statale e Milano Bicocca, a pari merito (entrambe nella 228° posizione, ma dopo il 200° posto le università sono elencate in ordine alfabetico all’interno di scaglioni di 25 o di 50).
Più indietro le università di Trieste, Bologna e Padova e altre nove: Trento, Ferrara, Pisa, Roma La Sapienza, Politecnico di Milano, Modena e Reggio Emilia, Bari, Salento, Politecnico di Torino, le ultime tre collocate nello scaglione 351-400. 14 sono in tutto le università italiane, nessuna nelle prime 200. Vedremo tra qualche giorno se ci saranno novità.

Nella classifica ARWU, che dopo le prime cento università prosegue con due scaglioni da 50 (101-150 e 151-200) e tre da cento (201-300, 301-400 e 401-500) le prime italiane nel ranking reso noto nello scorso mese di agosto risultano invece Pisa e Roma La Sapienza (scaglione 101-150), mentre le università di Milano e Padova stanno nello scaglione 151-200, il Politecnico di Milano, la Scuola Normale di Pisa, Bologna, Firenze e Torino nello scaglione 201-300, Genova, Napoli Federico II e Roma Tor Vergata nello scaglione 301-400, la Cattolica, il Politecnico di Torino, Bari, Ferrara, Milano Bicocca, Palermo, Parma, Perugia nello scaglione 410-500: 20 università italiane, di cui nessuna nelle prime cento (di cui ben 53, invece, sono targate USA).

Come si vede le università italiane valutate sono differenti, e quando sono le stesse sono classificate in modo molto diverso, come nel caso di Milano Bicocca, prima secondo il Times H.E. dell’anno scorso e tra le ultime nella graduatoria ARWU di quest’anno.

La notevole diversità tra le classifiche e l’assoluta predominanza degli atenei anglofoni non possono non far pensare che gli indicatori scelti favoriscano quel tipo di risultati, peraltro divergenti tra i diversi soggetti che gestiscono i ranking (tranne che nel privilegiare le università americane). Per questo va preso in seria considerazione, a nostro avviso, l’invito rivolto dall’ambasciatore Sergio Romano all’Unione europea (Corriere della Sera del 29 settembre) affinché affidi a Eurostat compiti statistici, nel campo dei ranking universitari, che rompano il monopolio delle agenzie angloamericane. Proposta non diversa da quella che è stata avanzata per le agenzie di rating…