La bellezza della scuola mediterranea

La scuola mediterranea, “quella aperta, accogliente, inclusiva che persegue lo sviluppo armonico e integrale della persona”, quella scuola che resta come unico e ultimo presidio culturale in molte zone devastate del nostro Paese, quella scuola che molti considerano un problema per i risultati attesi e non raggiunti, in realtà custodisce una ricchezza che non sappiamo leggere e valorizzare. Questa tesi eterodossa, in dichiarato contrasto con molta letteratura, soprattutto di derivazione economica e in linea con molta letteratura psicopedagogica e sociologica, è al centro dell’ultimo libro di Damiano Previtali, La scuola mediterranea (il Mulino, 2022, con prefazione di Francesco Profumo e introduzione di Marco Rossi-Doria).

Previtali, bergamasco, già preside del liceo classico Sarpi di Bergamo, è dal 2015 dirigente dell’Ufficio Valutazione del sistema nazionale di istruzione e formazione del Ministero dell’Istruzione e presidente del Comitato provinciale di valutazione del Trentino. Un esperto di valutazione di sistema (ma anche didattica), con un lungo curriculum di incarichi e di lavori che ne testimoniano la diretta conoscenza del mondo della scuola, dalla quale peraltro proviene.

Il libro prende spunto dalla scuola meridionale, su cui riporta tre “inciampi”, ovvero errori di considerazione con tanto di documentazioni, evidenze e di dati, ma in realtà propone una diversa lettura di tutte le periferie abbandonate del Paese considerate indebitamente delle marginalità oltre che una zavorra per il nostro sviluppo. Di fatto, molte di queste scuole portano un contributo straordinario in contesti desertificati da istruzione e educazione, inoltre da tempo rivendicano una diversa considerazione in quanto il loro “effetto scuola” è difficilmente rilevabile e soprattutto standardizzabile.  Se studiamo attentamente queste scuole scopriremo il loro “valore aggiunto”: una vitalità, che egli definisce mediterranea, radicata nel diffuso possesso, da parte degli studenti di competenze come la resilienza, la collaborazione, l’intraprendenza, la fantasia che sono la nostra vera ricchezza e, a differenza delle competenze disciplinari, sono difficilmente standardizzabili e misurabili con metodologie quantitative.

La sfida di ridurre i divari territoriali – scrive nella prefazione Francesco Profumo – “non può essere assunta solo con gli investimenti, che non sempre alimentano i migliori propositi, ma necessita di un’idea di scuola in cui le persone si devono riconoscere per diventare effettivamente protagoniste di nuova progettualità”. “Il testo di Damiano Previtali è prezioso, in quanto attraverso una diversa narrazione permette di intraprendere una storia nuova con quelle realtà che sono già state oggetto di consistenti investimenti ma anche di molti fallimenti”.

In un contesto così difficile come quello di molte scuole del Sud (ben descritto nella introduzione di Marco Rossi-Doria), sostiene Previtali, “l’attenzione al successo formativo per ogni studente e la personalizzazione dei processi di insegnamento e di apprendimento sono l’unica possibilità di sopravvivenza”. Questo comporterebbe la valorizzazione delle necessarie e ineludibili competenze di base ma anche di nuove competenze per la persona e per la vita che sono proprie della cultura mediterranea. “Invece, paradossalmente, le competenze non cognitive, che hanno già un potenziale di sviluppo in questo substrato sociale, non vengono promosse a discapito delle stesse competenze cognitive che, con approcci di insegnamento formali e rutinari, non hanno particolari elementi attrattivi. In questo modo abbiamo un doppio danno in quanto le competenze cognitive vengono abbandonate e le competenze non cognitive non vengono valorizzate”.

I sistemi di rilevazione, a livello sia nazionale sia internazionale, nota Previtali, hanno attualmente strumenti collaudati e sofisticati solo per la rilevazione delle conoscenze collegate alle discipline, mentre non hanno nulla da dire sulle dimensioni che caratterizzano “la persona, la sua forma mentis, i suoi talenti”. L’autore non contesta l’utilità delle prove standardizzate, che sono fondamentali e preziose per avere un metro comune di riferimento, “ma allo stesso tempo abbiamo la necessità di riconoscere l’unicità e la complessità che appartengono sia alle persone sia al sociale, con le diverse logiche di sviluppo e i diversi contesti di riferimento. Non c’è in realtà una “contrapposizione radicale tra la standardizzazione, necessaria alle rilevazioni su larga scala, e la personalizzazione necessaria alla valorizzazione delle diversità”. Esse hanno scopi diversi.

Certo, se si adottasse la personalizzazione come strategia, le prove nazionali dovrebbero adattarsi alle competenze delle persone. In Italia, sostiene l’autore, c’è una forte attenzione di una parte importante della pedagogia per le differenze, per l’ambiente di apprendimento, per la stessa personalizzazione (tra i personaggi citati Montessori, don Milani, Malaguzzi). Basterebbe rifarsi a questa tradizione. 

Perciò appare necessario “un approccio integrativo e complementare alle indagini quantitative generali di matrice statistica, con uno sguardo lungo, accorto e lungimirante verso le differenze, siano esse legate alle persone o alle organizzazioni come la scuola. Qualunque sguardo, se poggia ‘sulle spalle dei giganti’ – conclude Previtali nel suo interessante libro utilizzando la nota metafora medioevale rilanciata da Umberto Eco – può vedere più lontano”. E la bellezza della cultura e della “scuola mediterranea” potrebbe così contribuire a migliorare la scuola in particolare tutta la scuola italiana.

Per approfondimenti:
La scuola mediterranea. Una diversa narrazione e una storia nuova

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA