Tuttoscuola: Il Cantiere della didattica

Il riscatto dell’immaginazione nell’era della distrazione. Una proposta didattica

di Jacopo Giannoni* 

Sfere di vetro a misura d’uomo «Aveva questo Marcovaldo un occhio poco adatto alla vita di città: cartelli, semafori, vetrine, insegne luminose, manifesti, per studiati che fossero a colpire l’attenzione, mai fermavano il suo sguardo che pareva scorrere sulle sabbie del deserto» di  Italo Calvino, Funghi in città.

Una delle maggiori criticità che sta emergendo dal campo dell’apprendimento è la progressiva diminuzione della soglia dell’attenzione in contrasto con l’esponenziale aumento delle informazioni disponibili. Studi più o meno sensazionalistici – parlare di attenzione non significa d’altronde essere esenti dal tentativo sempre più estenuante di stimolarla – lo dimostrano: dalla Microsoft che rileva il progressivo calo della soglia media dell’attenzione, ormai più bassa di quella di un pesce rosso , alle varie ricerche in cui viene mostrato come, grazie a internet, continuano ad accumularsi in modo esponenziale quantità di informazioni neanche lontanamente raggiunte in secoli di storia pre-digitale.

Cosa succede quando un piccolo pesce rosso viene gettato dalla sfera di vetro di un acquario, dove ha da sempre vissuto vedendo ogni giorno la stessa pianta e le stesse pietre, in un oceano senza fondo pullulato di forme di vita sconosciute spaventose e seducenti? Innanzitutto proverà un certo disorientamento, allo stesso modo di chi ha vissuto la nascita e lo sviluppo tentacolare del web, che ha messo a disposizione di tutti una quantità di informazioni prima inimmaginabile, come un’enorme piovra che conosce in anticipo ogni richiesta.

La reazione dei nativi digitali è stata invece decisamente diversa: facendo del mondo oceanico di internet il loro habitat naturale, queste generazioni si sono progressivamente inabissate in una forma di quasi totale indifferenza per le informazioni con cui entrano in contatto. Come possono provare stupore per qualcosa, se il piccolo schermo rettangolare che stringono fra le mani da quando sono bambini contiene tutto il sapere umano? Perché dovrebbero ascoltare la lezione del professore quando possono trovare tutto quanto, il giorno dopo, su Wikipedia?

Di fronte a queste difficoltà, il docente non può essere più considerato un semplice dispensatore di informazioni – sarebbe una partita persa a tavolino – quanto un mediatore che fornisce agli studenti una bussola per orientarsi in questa enorme quantità di dati.

La scuola fa leva, infatti, da una parte sull’importanza di sviluppare negli studenti la capacità di selezione critica delle informazioni con cui vengono quotidianamente bombardati, dall’altra sulla necessità di migliorare le competenze comunicative degli insegnanti. Questi sono aspetti fondamentali della didattica che è necessario considerare, tuttavia il nodo critico che verrà analizzato in questo articolo è un altro, per quanto strettamente connesso ai due ambiti appena illustrati. Più che nella quantità di informazioni, la radice del problema è rintracciabile nella dinamica con cui queste viaggiano, scontrandosi in modo indesiderato con noi, come quando un attivista cerca di fermarci nel mezzo di una strada affollata mentre siamo diretti con la mente e con il corpo verso tutta un’altra direzione.

Forse il motivo per cui siamo così poco disposti ad assorbire questo tipo di informazioni è dovuto al fatto che, per quanto ormai abitiamo nelle profondità di un mare postmoderno, digitale e globalizzato, siamo e saremo per sempre tentati di isolarci in piccoli globi di vetro che ci permettano di evitare continue interferenze esterne.

Il filosofo tedesco contemporaneo Peter Sloterdijk ha scritto un’intera trilogia a proposito di una simile dinamica sferologica insita nell’uomo, ovvero della sua tendenza a confinarsi in ambienti sociali di piccole dimensioni, creando dei mondi condivisi con cui filtrare e modulare la realtà esterna su valori e costumi condivisi. Per quanto riguarda il tema specifico dell’informazione, una complicazione di questo processo selettivo sorge quando le ‘notizie indesiderate’ iniziano a raggiungerci ovunque, anche all’interno delle nostre sfere più intime, tramite mezzi di comunicazione invasivi e simil-pornografici che ci chiamano a loro, illuminando lo schermo del nostro salotto con immagini caleidoscopiche e vibrando dentro le nostre tasche.

Così, mentre sviluppiamo eccezionali competenze multitasking, perdiamo di pari passo la capacità di dedicarci totalmente a qualcosa in un determinato lasso di tempo. Questa visione mette in evidenza un problema e al tempo stesso la sua possibile soluzione. Spesso viene sottovalutata l’importanza di creare un ambiente intimo e condiviso in cui scambiare le informazioni. Prima di imparare ad alimentare un fuoco, dovremmo sapere come appiccarlo: non serve a niente sviluppare grandi capacità retoriche per mantenere viva la concentrazione di chi ci ascolta se non c’è stata in principio la capacità di accendere una vera attenzione, di isolare il nostro uditorio in un piccolo mondo di vetro che lo ponga in una stretta relazione con noi. Altrimenti, sarebbe come preparare uno spettacolo teatrale intenso e trascinante dimenticandosi, all’ultimo momento, di aprire la porta al pubblico.

*STUDENTE DI FILOSOFIA PRESSO UNIFI.

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