Il recupero delle ore brevi non è dovuto, ma l’Avvocatura si appella

Nuovo capitolo della dibattuta questione del recupero delle ore di insegnamento non svolto: il giudice del lavoro di Reggio Emilia ha condannato un dirigente scolastico di un istituto d’istruzione secondaria di II grado che aveva imposto ai suoi insegnanti il recupero delle ore di lezione non effettuate a causa della riduzione di orario delle lezioni. L’Amministrazione scolastica è stata anche condannata a restituire agli insegnanti il compenso delle ore prestate in più. L’Avvocatura dello Stato si è appellata alla sentenza e a questo punto attendiamo gli sviluppi della vicenda.
La questione della non ricuperabilità è tanto vecchia quanto dibattuta; la sua legittimità è stata confermata da un’interpretazione autentica da parte dell’Aran e dei sindacati di categoria che non riguarda tuttavia una norma contrattuale, ma, piuttosto, una circolare ministeriale.
La circolare “convalidata” (n. 243/1979) prevede la facoltà dei provveditori agli studi di autorizzare negli istituti superiori la riduzione delle ore di lezione (fino ad un massimo di dieci minuti per ora) per cause di forza maggiore (mancanza di trasporti, mense ecc.), e aggiunge che “non è configurabile alcun obbligo per i docenti di recuperare le frazioni orarie oggetto di riduzione”.
Un vero e proprio regalo per gli insegnanti (un regalia dicono i colleghi della secondaria di I grado che invece in casi simili hanno l’obbligo del recupero), che vale tra le due e le tre ore a settimana di servizio in meno (un monte ore annuo di non prestazione da non recuperare che si aggira mediamente sulle 80 ore). Ore che il dirigente scolastico pretendeva fossero recuperate e che il giudice ha abbonato, provocando l’intervento dell’Avvocatura dello Stato.