Il gioco si fa pesante: "il tutor non passerà"

Il tutor non può essere inteso come un vincolo introdotto dal Decreto, ignorando le prerogative dell’autonomia scolastica per quanto riguarda l’organizzazione della didattica, e della contrattazione per quanto riguarda l’organizzazione del lavoro“.
Questa l’indicazione che si trova, insieme ad altre, in un minidossier pubblicato nel sito della Cgilscuola (www.cgilscuola.it/moratti/strumenti.htm). La tesi sostenuta da questo sindacato (e, con sfumature diverse, anche da Cisl e Uil) è che la combinazione del DPR 275/1999 (Regolamento dell’autonomia) e del nuovo Titolo V della Costituzione, che sancisce l’autonomia delle istituzioni scolastiche, riconosce alle singole scuole un ampio margine di decisionalità in materia non solo didattica ma anche organizzativa. Le modalità di impiego dei docenti, in tale quadro, devono essere coerenti con i Piani dell’Offerta Formativa (POF), e questi potrebbero prevedere, interpretando la tesi sindacale, la condivisione della funzione di tutor tra tutti i docenti assegnati alla classe.
Qualora il POF si limitasse alla dimensione pedagogico-didattica, e non si esprimesse esplicitamente in materia organizzativa, dicono i sindacati, si potrebbe comunque attivare la contrattazione di istituto, visto che l’art. 6 del contratto scuola assegna a tale ambito negoziale “competenze esclusive in materia di organizzazione del lavoro e di orario dei docenti”.
E’ anche vero, peraltro, che i POF e la contrattazione di istituto potrebbero confermare la figura del tutor nella versione del “maestro prevalente”. Ancora più importante e urgente diventa, in questa prospettiva di diversificazione dei modelli organizzativi, la definizione in termini chiari degli obiettivi di apprendimento ai diversi livelli di scuola. Altrimenti si rischierebbe di non aver più un sistema scolastico nazionale unitario.
Resta il fatto che il decreto legislativo detta “norme generali sul primo ciclo d’istruzione”. D’accordo sull’autonomia organizzativa e didattica, ma come si può derogare – a meno di sconfinare nella disubbidienza civile – dal rispetto della norma, almeno fino a quando non venisse dichiarata incostituzionale?