Il dilemma del dirigente scolastico/2. Il tutor può essere rifiutato

Un parere completamente diverso da quello del rappresentante dell’Avvocatura generale dello Stato è stato espresso pochi giorni dopo dal prof. Enrico Grosso, ordinario di diritto costituzionale nell’università del Piemonte orientale. Il testo del contributo, datato 29 maggio 2004, è consultabile nel sito della CGIL scuola www.cgilscuola.it.
Secondo il prof. Grosso non c’è alcun obbligo né per il Collegio di individuare i criteri generali, né per il dirigente scolastico di procedere alla nomina dei tutor, perché in base al contratto vigente, art. 27, comma 1, “la funzione tutoriale attiene al profilo professionale di ogni singolo docente”. Perciò i collegi “possono legittimamente rifiutarsi di determinare i criteri generali prodromici alla nomina dei docenti tutor, e affidare i compiti ad essi attribuiti dal decreto a tutti gli insegnanti della classe, nella loro collegialità”.
Una seconda ragione di illegittimità dell’introduzione della figura del tutor tramite il Decreto legislativo consiste nel fatto che la legge 53 non dà al Governo alcuna delega ad operare in tal senso. Il prof. Grosso, al contrario dell’avv. Paolucci, sostiene che non c’è alcun obbligo di attendere la pronuncia della Corte Costituzionale, e che anzi è perfettamente legittimo disapplicare una legge incostituzionale. A suo avviso la possibilità che la Corte riconosca la costituzionalità della legge non sussisterebbe in questo caso, perché si sarebbe di fronte ad un palese caso di “eccesso di delega”.
Una terza ragione di non obbligatorietà della nomina del tutor consiste nel diritto della istituzione scolastica di scegliere autonomamente le modalità di organizzazione della didattica più coerenti con la realizzazione del POF.