Il coding? Serve come la matematica

Il Parlamento italiano sembra dunque essersi convinto della necessità e dell’urgenza (requisiti necessari per i decreti legge) di inserire anche il coding tra le abilità di base dell’apprendimento, accanto ai tradizionali ‘leggere, scrivere e far di conto’, cioè alle competenze alfabetiche e a quelle matematiche. Tanto da inserire il coding tra le metodologie didattiche da acquisire nell’ambito dei crediti formativi o durante il periodo di formazione e prova legato al concorso. È positivo, e non succede spesso, che un emendamento proposto dall’opposizione al governo in carica venga accettato dalla maggioranza. Succede quando su una determinata tematica c’è una sostanziale condivisione, che fa superare le contrapposizioni di schieramento.

Ma che cosa esattamente si chiederà agli studenti di imparare e agli insegnanti di insegnare? Non una tecnica di programmazione (coding letteralmente significa codifica, codificazione), ma un’abilità di base, quella che sta dietro qualunque tipo di programmazione (dalle decisioni che si prendono in un videogioco all’effettuazione di una ricerca in internet alla gestione dei rapporti interpersonali su uno smartphone), a partire dalla capacità di scomporre un problema complesso in diverse parti, per poterlo affrontare più facilmente. In questo il coding è simile alla matematica: è la logica di tutto ciò che funziona in modo programmabile come la matematica è la logica dei numeri e delle figure.

Nell’era dei computer, di internet e dell’intelligenza artificiale, degli algoritmi, dei big data, dell’apprendimento cooperativo come di quello personalizzato, non se ne potrà fare a meno. Andrà verificata la capacità dell’università italiana di insegnare a insegnare il coding, ma forse essa potrebbe farsi aiutare, evitando inutili arroccamenti accademici, dalle non poche scuole e insegnanti che già stanno esplorando questa nuova frontiera dell’educazione del XXI secolo.