Gli istituti tecnici alle Regioni, dice Formigoni

La crisi degli istituti tecnici, in atto dal 1990 dipende dal fatto che essi hanno perso in qualità. Lo dice il presidente della Lombardia, Roberto Formigoni, in una servizio pubblicato dal “Sole24 ore”, attribuendo tale scadimento alla mancanza di “preparazione di giovani alla padronanza delle tecnologie più avanzate”. Il sistema dell’istruzione tecnica non è competitivo in Europa e più di metà delle imprese italiane, osserva Formigoni, non riesce a reperire tecnici adeguati alle proprie esigenze di innovazione e sviluppo.

Oggi occorre mettere l’istruzione tecnica (comunque la si vuole chiamare) nelle condizioni di attrarre nuovamente gli studenti migliori. Come? La ricetta di Formigoni è semplice e nei primi ingredienti è in assonanza con il decreto legge 112/08: solide competenze di base, limitazione dei curricola a poche discipline, potenziamento del rapporto con le aziende.

Occorre aumentare l’autonomia degli istituti tecnici, la loro capacità di autogoverno e il legame con il territorio, prevedendo, ad esempio, il ricorso ad esperti esterni e la partecipazione delle scuole a reti e consorzi di impresa, alla erogazione di servizi e alla formazione dei lavoratori.Insomma, sottolinea il governatore lombardo, “la strada è investire sugli studenti e non difendere lo statu quo della scuola”. Una scelta, precisa Formigoni che per avere successo deve prevedere il trasferimento “del governo della rete scolastica alle Regioni o almeno a quelle Regioni che sono in grado di esercitarlo”. Bisogna definitivamente superare, conclude Formigoni, “l’illusione astratta di un unico e indifferenziato sistema nazionale dell’istruzione.”

Si può leggere una certa sintonia tra la posizione del presidente Formigoni e gli obiettivi dell’art. 64 del decreto legge 112/08.