Giù le mani dalla primina

L’ipotesi di anticipare l’obbligo scolastico ha sempre diviso gli addetti ai lavori (anche l’Ulivo con il ministro Berlinguer ci aveva provato, ma le riserve interne alla maggioranza lo avevano fatto desistere).
Da una parte gli anticipazionisti evidenziano il vantaggio di un intervento formativo che tiene conto di diffusi livelli di maturità dei bambini di oggi e di contesti culturali e sociali più stimolanti.
Tra i critici di ogni precocismo (lo stesso prof. Bertagna in più di un’occasione ha stigmatizzato la moda della “primina”) c’è invece il timore che possano essere compromesse fasi evolutive importanti per una maturazione equilibrata e armonica del bambino.
Ma l’altolà venuto da esponenti della maggioranza alla proposta Moratti potrebbe avere anche ragioni più concrete. Già oggi infatti vi sono anticipazioni di fatto dell’obbligo grazie alla primina organizzata dalle scuole materne private, prevalentemente cattoliche, soprattutto del sud (per i dati vedi “TuttoscuolaNEWS” n. 32). Ogni anno si avvalgono di questa scorciatoia circa 29 mila bambini. E la primina, oggi esclusiva prerogativa delle private, fa richiamo e business: si può stimare in almeno 70 miliardi di lire all’anno il giro d’affari garantito dalle primine; una cifra di vitale importanza per le scuole materne private, se si considera che il tanto discusso contributo statale a loro favore per il 2001 è stato di 176 miliardi.
Senza contare che molti di coloro che si iscrivono alla primina poi restano nella scuola dove l’hanno fatta.
La proposta Moratti introdurrebbe dunque una forma di concorrenza – in tal caso da parte dello Stato – in una “nicchia di mercato” che finora è stata appannaggio delle scuole private. Ecco il vero motivo del contendere.