Funzione tutoriale: principio o modalità organizzativa?

Il dibattito sulla figura del docente tutor si sposta dalle considerazioni di merito e di opportunità a quelle giuridiche.
Dopo aver criticato la scelta di questa nuova figura che, soprattutto nella scuola primaria, minerebbe la collegialità e creerebbe gerarchie tra i docenti, la critica ora si sposta su un piano più tecnico e raffinato, preludio di possibili impugnative del decreto legislativo.
C’è prima di tutto una questione di fondo: la legge n. 53/2003 prevedeva chiaramente questa figura e la funzione ad esso connessa? Non c’è forse stato un eccesso di delega nell’inventare il tutor?
L’articolo 5 della legge di delega prevede che le università procedano a formare i docenti che in servizio assumono “…funzioni di supporto, di tutorato e di coordinamento…”.
Può bastare questa previsione non troppo esplicita per fugare dubbi sull’eccesso di delega?
Posta questa riserva sulla delega, la questione attuale è quella di definire il confine tra potere di autonomia organizzativa e didattica delle scuole e prescrizione normativa della funzione tutoriale.
I sindacati sostengono che questa figura deve essere subordinata alla prerogativa assoluta in materia didattica e organizzativa delle istituzioni scolastiche autonome.
Il ministro Moratti ha fiutato l’insidia è ha chiarito che non si tratta di una figura ma di una funzione e, pertanto, di un principio generale che va assicurato all’interno dell’intero sistema scolastico.
Ribattono alcuni sindacati che per la funzione non servono prescrizioni di orari minimi della prestazione tutoriale né riferimenti organizzativi a gruppi o classi di alunni, perché anche questa è prerogativa dell’autonomia.
Controreplica: il decreto legislativo contiene norme generali (e quindi vincolanti), anche se articolate in diversi aspetti, criteri operativi compresi.
Lo scontro giuridico sul tutor è all’inizio e si può essere certi che si concluderà solamente davanti a qualche Tar o addirittura davanti alla Corte costituzionale.