Fu vera DAD? Al ministro Bianchi l’ardua sentenza

Il governo ha appena giurato, ma qualche polemica sul mondo della scuola già affiora all’orizzonte. In particolare, è molto discussa la questione del recupero del tempo scuola “perso”, mediante il prolungamento delle lezioni nelle ultime settimane di giugno, secondo una proposta attribuita al premier Mario Draghi, ma il cui vero autore potrebbe essere l’on. Fusacchia (Gruppo misto). Peraltro, ben prima della proposta che ha accompagnato la nascita del nuovo governo, la questione era stata posta sul sito condorcet.altervista.org, con un appello sottoscritto da molte personalità del mondo della politica, della cultura e dal segretario generale della UIL Scuola, Pino Turi.

Piuttosto diffuso nella scuola l’atteggiamento negativo verso questa indicazione, da parte di sindacati (almeno quelli i cui leader non hanno sottoscritto l’appello del sito Condorcet), docenti, ma anche studenti e famiglie. L’obiezione, sostanzialmente, è che affermare la necessità di prolungare il tempo scuola significa negare il valore di quanto sin qui messo in campo dalle scuole e dai docenti con la didattica a distanza (DAD). Come se tutte le scuole avessero potuto offrire lo stesso servizio. Non è così. Ad ogni modo i contrari dicono che le scuole non hanno mai chiuso, ma hanno continuato a funzionare grazie all’impegno personale dei tanti docenti che hanno dovuto imparare in fretta e furia a gestire gli strumenti della nuova didattica di emergenza, che, lungi dal richiedere un minor impegno professionale, lo hanno invece reso più cospicuo. Ma anche dal punto vista delle famiglie e degli studenti, almeno secondo quanto si è potuto ascoltare nella puntata del 10 febbraio della trasmissione radiofonica Tutta la città ne parla, la proposta non sembrerebbe incontrare largo favore. Al di là dei messaggi dei genitori, in genere critici, il rappresentante del sito studentesco Skuola.net, Daniele Grassucci, ha affermato che la proposta, apparentemente semplice, in realtà non tiene conto della variabilità individuale degli effetti del lockdown. A seconda dei contesti, la reazione dei singoli e gli effetti del retroterra culturale e sociale di ciascuno hanno dato luogo ad esiti differenziati, in modo che il puro e semplice prolungamento dell’anno scolastico sarebbe per alcuni un’inutile vessazione e, per altri, un rimedio insufficiente ai fini del recupero del ritardo accumulato.

Altra vittima sacrificale dell’emergenza sanitaria, in termini formativi, oltre le attività scolastiche non curriculari (dalle gite di istruzione ai cineforum, ai seminari, ecc.) è certamente quella vasta area di apprendimento extra scolastico, che tuttavia concorre in modo sostanziale allo sviluppo culturale, umano e persino professionale dei giovani: corsi di lingue presso istituti linguistici stranieri, attività teatrali e musicali, sport, e via enumerando. Tutti settori e interessi potenzialmente penalizzati dal prolungamento della didattica, come lo sarebbe, per gli studenti che hanno comunque tenuto il passo in questi mesi, la rinuncia all’otium estivo, nel senso latino del termine, ossia un periodo dedicato alle buone letture che si fanno in età adolescenziale, fondanti per lo sviluppo culturale e psicologico dei giovani, consigliate, e verificate a settembre, dai docenti di lettere, ma spesso anche frutto di propri autonomi interessi dei giovani.

Non può, comunque, essere  sottovalutato che la didattica digitale, se non ha determinato, certo ha aggravato gli squilibri tra i giovani. Di qui, l’urgenza di un piano di recupero delle situazioni di svantaggio, che potrebbe, questo sì, impegnare tempo aggiuntivo, in coda all’anno scolastico, avendo alla base una motivazione forte e oggettiva. E’ importante ad ogni modo comprendere se e in che forma ci sia stato il recupero promesso dopo il primo lockdown, tramite i piani individualizzati previsti dall’ordinanza sulla valutazione del maggio scorso.