Fondazione Agnelli/2. Federalismo sì, ma…

La terapia per aumentare la qualità e ridurre gli squilibri della scuola italiana, sostiene il rapporto 2010 della Fondazione Agnelli, potrebbe essere costituita dal federalismo scolastico. Non però per i benefici che ne deriverebbero alle pubbliche finanze, perché secondo i calcoli fatti dalla Fondazione ipotizzando l’applicazione dei costi standard – principio base del federalismo fiscale – i risparmi sarebbero stati di poco superiori a quelli assicurati dalla manovra Tremonti-Gelmini con la legge 133/2008: 3,2 miliardi di euro, solo 600 milioni in più.

I vantaggi derivanti dal federalismo scolastico sarebbero soprattutto di altro genere, più qualitativi che quantitativi, sempre che lo Stato e le Regioni definiscano e condividano regole chiare, a partire da quella che lega i finanziamenti aggiuntivi in favore delle Regioni più sfavorite – quelle cioè dove gli squilibri sono maggiori – al raggiungimento di precisi obiettivi di miglioramento sia sul piano della qualità sia su quello dell’equità, misurati entrambi con rigorosi criteri dal servizio nazionale di valutazione (Invalsi).

Intanto, suggerisce la Fondazione, si potrebbe destinare a questo scopo i risparmi derivanti dalla manovra di “razionalizzazione della spesa” in corso. Proposta, quest’ultima, non raccolta da Mariastella Gelmini nel suo intervento conclusivo, probabilmente per non suscitare un altro punto di conflitto con i sindacati, dato che il 30% dei risparmi, come prevede la legge 133/2008, è attualmente destinato ad  “incrementare le risorse contrattuali stanziate per le iniziative dirette alla valorizzazione ed allo sviluppo professionale della carriera del personale della scuola a decorrere dall’anno 2010″.