Federalismo scolastico: strumento di riequilibrio dei dislivelli regionali

Una scommessa di non poco conto per il ministro dell’istruzione potrebbe essere rappresentata dall’introdurre nel sistema formativo una diversa cultura organizzativa che recuperi il senso dell’innovazione per colmare la distanza che esiste tra la realtà scolastica, il mondo dell’amministrazione ed i contesti territoriali.

Di innovazione certo è facile parlare, la difficoltà sta nel praticarla, nel realizzarla, nel tradurla in una cultura, nell’attualizzarla all’interno di una struttura. I centri decisionali interni al sistema scolastico devono avere la consapevolezza della realtà in cui si muovono, un sistema scolastico italiano tanto disomogeneo, pur in presenza di una sostanziale omogeneità giuridico-amministrativa e gestionale.

Tutto questo è necessario non solo per impostare una strategia efficace, ma soprattutto per consentire alla politica di elaborare un approccio complessivo, evitando di perdersi nei diversi problemi e fenomeni di settore.

Questa operazione di “definizione” non potrà essere compiuta in maniera adeguata qualora Stato e Regioni adottino singolarmente leggi che non tengano conto delle rispettive sfere di competenza e della necessità e doverosità dell’attuazione del principio di sussidiarietà sia verso il sistema delle autonomie locali, sia nei confronti delle autonomie scolastiche.

E’ una questione spinosa ma prioritaria che postula la ricerca del confronto tra istituzioni statali, regionali e locali per l’individuazione condivisa dei reciproci confini in un quadro nel quale i poteri e gli strumenti che spettano a ciascuno degli attori in campo si coordinano per realizzare il fine comune del miglioramento degli esiti formativi del nostro sistema di istruzione e formazione. Una scommessa di non poco conto sulla quale, però, pochi sono pronti a “puntare”.

Ci provi neoministro Maria Stella Gelmini