Educazione motoria alla primaria: tra problemi organizzativi e ancora troppe incognite

Da quest’anno arriva per la prima volta nella scuola primaria (per il 2022-23 si comincia dalle quinte classi) il docente di educazione motoria (prof. di ginnastica), proveniente dalla scuola secondaria e preposto all’insegnamento di una disciplina già presente e sostanzialmente uguale. “Nuovo” l’insegnante, “antica” la disciplina da insegnare. A questa mini-riforma Tuttoscuola ha riservato molti servizi, tra cui quello sulla carenza di palestre (è prossimo anche un dettagliato e specifico approfondimento).

Da mesi si aspettava il bando del concorso per assumere i nuovi docenti di educazione motoria (circa 2.300 per questo primo anno), ma dal Ministero non è arrivato alcun segnale; e il silenzio da parte di viale Trastevere su questa piccola riforma continua tuttora inspiegabilmente a pochi giorni dal primo suono della campanella, mentre gli Uffici scolastici periferici hanno proceduto nelle settimane scorse a conferire nomine ai supplenti per la copertura dei posti.

Sono tanti gli aspetti organizzativi da chiarire intorno all’educazione motoria alla primaria, a cominciare dalla maggiorazione dell’orario settimanale (due ore) che nelle classi funzionanti a orario normale potrebbe comportare un possibile rientro pomeridiano, con ripercussioni sull’organizzazione familiare, sulla necessità della mensa e con qualche complicazione nella gestione dei trasporti scolastici.

Sono poco meno di mezzo milione (476.500) gli alunni delle classi quinte, di cui 293.200 inseriti in classi funzionanti a orario normale e direttamente coinvolti nelle modifiche organizzative sopra evidenziate, mentre per i restanti 183.300 alunni iscritti in classi a tempo pieno non dovrebbero esserci ripercussioni organizzative, perché le due ore di educazione motoria sono comprese nelle 40 ore settimanali di funzionamento.

Migliaia di famiglie probabilmente sono all’oscuro di questa piccola riforma sull’educazione motoria, ma, da quelle più avvertite tra le 293.200 i cui figli frequentano classi a tempo normale stanno già arrivando segnali di protesta con minaccia di rifiuto del cambiamento.

Il ministero dell’Istruzione è avvertito e, se c’è, batta un colpo, chiarendo e rassicurando, anche per evitare che il problema diventi motivo di scontro elettorale.

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