Decreto inclusione
L’articolo 12 del Decreto legislativo sull’inclusione scolastica prevede che gli insegnanti specializzati restino nel medesimo ruolo per almeno 10 anni prima di poter chiedere di transitare sui posti comuni. Ma l’obiettivo dichiarato di voler assicurare in questo modo una maggiore continuità agli alunni viene clamorosamente contraddetto dal fatto che gli insegnanti, pur vincolati all’attività del sostegno, non sono tenuti a svolgerla con gli stessi alunni. Potrebbero insomma cambiare scuola anche tutti gli anni perché il blocco riguarda la funzione, non la relazione docente-alunno.
Giustamente i responsabili delle organizzazioni che si occupano dei disabili, come l’I.Ri.Fo.R.(Istituto per la Ricerca, la Formazione e la Riabilitazione) dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti e FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) – prendendo anche spunto dai dati e dalle analisi del dossier di Tuttoscuola (scaricabile gratuitamente da qui) – hanno denunciato la contraddizione chiedendo, come ha fatto l’I.Ri.Fo.R., che il vincolo abbia almeno la durata del segmento formativo seguito dall’alunno assegnato.
Di “papocchio” e di “presa in giro” parla una dura nota di FISH: “Temi come quelli della continuità scolastica, della garanzia di sostegno adeguato, della formazione dei docenti, della qualità scolastica, della corretta valutazione delle necessità e delle potenzialità degli alunni con disabilità, della programmazione sostenibile e congruente, della rivisitazione intelligente di ruoli, competenze, responsabilità sono – in tutta evidenza – tradite e, a tratti, irrise”.
Una bocciatura totale, che pone l’accento, al di là della questione della continuità (che resta, comunque, prioritaria e che peraltro non è legata solo ai vincoli al trasferimento ma anche al tasso di precarietà, che andrebbe risolto riducendo l’esorbitante numero di “posti in deroga”), sulla necessità di un diverso approccio complessivo al problema dell’inclusione degli alunni con disabilità.
Occorrerebbe tuttavia cominciare a chiedersi se le misure richieste, che riguardano pur sempre due sottoinsiemi – quello dei docenti di sostegno e quello degli alunni con disabilità – non finiscano per isolare queste categorie dalla generalità dei docenti e degli studenti. Bisogna evitare che la maggiore stabilità e continuità dei primi si traduca in una stabile e continuativa emarginazione dei secondi. Come fare? Proviamo ad avanzare, più che una proposta, una riflessione.
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