Ddl Valditara/3. Voti e giudizi più selettivi rafforzeranno l’autorità dell’insegnante?

C’è un grande dibattito, anche a livello internazionale, sulla caduta del principio di autorità, fenomeno al quale si è ripetutamente accennato nella nostra newsletter a proposito degli insegnanti (per esempio qui). Sarebbe quindi banale e limitativo rispondere di sì o di no alla domanda se le misure contenute nel ddl Valditara ripristineranno l’autorità perduta della scuola e dei suoi insegnanti.

Quel genere di autorità non tornerà perché era legata al contesto storico-culturale del tempo in cui si è affermata. Potrà forse essere rimpianta dai nostalgici, ma è da escludere che essa possa in alcun modo essere ricostituita al tempo di internet, dell’intelligenza artificiale e delle nuove scienze cognitive.

Però non è neanche accettabile che un sistema scolastico come quello italiano (ma lo stesso si può dire di quello francese e di altri che hanno una forte strutturazione istituzionale; meno di quello americano, assai più decentrato e flessibile, ma in crisi su altri fronti, come quelli del razzismo e della cultura woke) sia lasciato andare alla deriva in un progressivo processo di disgregazione entropica e di delegittimazione dei suoi protagonisti principali, che sono gli attuali insegnanti.

Per questo Valditara nega che le sue siano “misure autoritarie e inutilmente punitive”, rivendicando la scelta di dare “il giusto peso alla condotta nel percorso scolastico degli studenti”. In caso di atti di bullismo ritiene dannoso “tenere il ragazzo lontano da scuola, lasciato a non fare nulla”. Meglio che si impegni in attività sociali che lo aiutino a “analizzare e comprendere i motivi dei propri comportamenti inappropriati”. “Far parte di una comunità”, spiega il ministro,“comporta diritti e doveri, tra i quali il rispetto per i docenti, i propri compagni e i beni pubblici. È anche importante che chi abbia aggredito personale della scuola risarcisca la scuola per il danno di immagine che ha contribuito a creare. Per costruire una società realmente democratica, per combattere la violenza, per ridare centralità ai valori fondanti della nostra Costituzione si deve ripartire dalla scuola, ogni giorno in prima linea nell’educazione dei nostri giovani. Noi lo stiamo facendo”.

Sono soddisfatti i presidi, visto che, come spiega Antonello Giannelli, appena rieletto presidente di Anp, l’intervenire con misure di maggiore severità “è una azione necessaria a fronte di certi comportamenti che sono peggiorati negli ultimi anni”.

La scuola del futuro per riconquistare autorevolezza dovrà anche vincere la sfida dell’innovazione tecnologica, per essere all’altezza delle aspettative e dei bisogni dei ragazzi della generazione alfa, quella dei nati dal 2010 in avanti. Non solo: va resa la professione docente più attraente per i giovani più qualificati. Imprescindibili appaiono un percorso di ingresso più breve (e al contempo più selettivo per assicurarsi che chi sale in cattedra abbia tutti gli strumenti per affrontare una professione delicata e difficile), una maggiore stabilità (non è possibile che il 26% dei docenti sia precario), migliori condizioni economiche per tutti (nei limiti del possibile delle finanze pubbliche) ma anche più riconoscimenti per chi dà di più (attraverso l’introduzione di un vero sviluppo professionale, altro che docente incentivato…).

Se non ci si deciderà a passare per una riorganizzazione complessiva di questo genere, l’autorità (o meglio l’autorevolezza) perduta resterà una chimera.

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