Quei professori umiliati: l’autorità della scuola in frantumi

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Il fenomeno degli insegnanti minacciati, vilipesi e perfino picchiati sta dilagando anche in Italia, che finora ne era stata meno investita rispetto ad altri Paesi, e si ha la sensazione che gli episodi di cui si è avuta notizia (magari via internet) siano solo la punta di un iceberg. Viviamo una vera emergenza educativa, in una società dove il patto educativo si è rotto. Al di là della cronaca il fenomeno merita una riflessione di carattere più generale sulle ragioni di fondo che hanno condotto all’attuale situazione, e sui possibili rimedi. Cominciamo dalle ragioni.

In un profetico libro scritto nel 1963, Verso una società senza padre (tradotto in italiano da Feltrinelli nel 1970), lo psicologo tedesco Alexander Mitscherlich aveva previsto che il superamento della famiglia patriarcale, inevitabile conseguenza dell’industrializzazione, dell’urbanizzazione e del progresso tecnologico, avrebbe messo in crisi l’autorità del padre (inteso come capofamiglia, uomo o donna che fosse), e con essa anche quella dell’insegnante, che in qualche modo gli subentrava nella funzione di punto di riferimento e decisore ultimo di ciò che si può o non si può fare. E per questo ammoniva sull’importanza della dimensione affettiva dell’insegnamento, troppo concentrato sugli obiettivi di apprendimento disciplinari.

Certo lo studioso tedesco, morto nel 1982, non poteva tener conto degli ulteriori effetti di rivoluzione quasi copernicana del rapporto genitori-figli provocati dalle nuove tecnologie, ma se li avesse conosciuti vi avrebbe sicuramente visto una conferma del suo modello interpretativo delle tendenze evolutive della società contemporanea. È la fonte del principio di autorità ad essere in crisi, la figura paterna/materna, che per varie ragioni non è più in condizione di costruire nel bambino i presupposti del rispetto dell’autorità: né della loro né di quella degli insegnanti.

L’istituzione scuola, compresa la scuola di massa, almeno fino al 1968, è stata costruita sul modello della famiglia patriarcale, con un chiaro rapporto asimmetrico tra chi comanda (genitori, insegnanti, il mitico ‘preside’) e chi obbedisce, o comunque rispetta le regole. Un modello top-down che non è più in sintonia con le tendenze emergenti nel comportamento sia dei genitori (assai più permissivi) sia dei figli, i quali hanno bisogno di molta più autonomia e motivazione di quanta ne fosse necessaria in passato. Che fare dunque in presenza di una tendenza che è difficile non considerare irreversibile?