Corsi e ricorsi/1. C’erano una volta i sindacati autonomi della scuola

C’erano un tempo i sindacati autonomi della scuola, che per buona parte del dopoguerra sono stati gli unici: quelli confederali (Cgil, Cisl e Uil) si sono formati solo nella seconda metà degli anni Sessanta, in forte polemica con i numerosi sindacati autonomi (poi riunitisi nel 1976 nello SNALS), accusati di corporativismo, insensibilità sociale, autoreferenzialità.

Accuse alle quali prestano ora il fianco i sindacati, confederali (come la Flc-Cgil e la Cisl scuola) e non, come il “giovane sindacato” (così si autodefinisce da tempo) Anief, rapidamente cresciuto e diventato ‘rappresentativo’ con l’ultimo rinnovo delle Rappresentanze Sindacali Unitarie (RSU).

Basta vedere le motivazioni con le quali questi sindacati si oppongono all’impiego della DDI (Didattica Digitale Integrata) in caso di emergenze diverse da quella sanitaria da Covid-19. Più esplicito di tutti è l’Anief, che in un suo comunicato afferma che “il ricorso indiscriminato alla DDI, anche per cause che esulano dall’emergenza sanitaria, non è legittimo. In caso di maltempo o gravi eventi atmosferici e calamità naturali, infatti, se le autorità preposte decretano la chiusura delle scuole, si applica quanto prescritto dal codice civile riguardo l’impedimento dovuto a causa forza maggiore e, nei giorni di chiusura delle scuole, non si può prevedere la didattica a distanza essendo questa espressamente prevista esclusivamente in relazione all’emergenza pandemica in corso”.

L’art. 1 dell’ipotesi di CCNI sulla DDI (non sottoscritta dalla Uil scuola e dalla Gilda degli insegnanti) stabilisce in effetti che l’attività didattica sarà effettuata a distanza attraverso la modalità di didattica digitale integrata “fino al perdurare dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri, dovuto al diffondersi del virus COVID-19”, e dunque non fa riferimento ad altri tipi di emergenza.

Ma Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, aggiunge un’ulteriore motivazione: “Il rapporto di lavoro del personale della scuola – si legge nella nota del sindacato – è di natura civilistica ed è soggetto al principio giuridico di cui all’art. 1256 del Codice civile: «L’obbligazione si estingue quando, per una causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile»” e questo è il caso di chiusura delle scuole per maltempo o gravi calamità naturali. Le assenze del personale docente e ATA, in questi casi, non solo non devono essere giustificate, ma a esse non si può applicare alcuna decurtazione economica o recupero della prestazione mancata e l’anno scolastico resta comunque valido”.

Di certo quando è stato scritto quell’articolo del codice civile le tecnologie non consentivano di attivare con un click l’insegnamento a distanza anche da casa, ad esempio. Insomma in tal caso non è più “impossibile” rendere la prestazione, mentre tutte le altre istanze (diritto allo studio degli studenti, interesse collettivo per un servizio di pubblica utilità, prestazione retribuita, etc) restano. Forse la questione merita di essere approfondita.