La sfrenata corsa del ‘degiovanimento’ dell’Italia

Degiovanimento è il neologismo e anche la parola chiave del meditato commento che Alessandro Rosina, ricercatore della “Cattolica” di Milano, dedica sul sito lavoce.info (08/01/2024) agli ultimi dati del Censimento pubblicati dall’Istat alla fine del 2023.

Il termine proposto da Rosina sta a indicare il fenomeno che caratterizza l’andamento della tendenza demografica del nostro Paese, dove dal 2014 a oggi il numero dei residenti è sempre diminuito (ora siamo sotto i 59 milioni) in conseguenza dell’aumento della popolazione anziana (e dei decessi) e della contemporanea diminuzione delle nascite, non più compensata dal saldo migratorio.

Ma è sbagliato pensare, come molti fanno, che la principale causa dell’anomalia dell’Italia sia la longevità, che fa aumentare la popolazione nelle età più mature. Invece, osserva Rosina, “la longevità intesa come vivere bene e a lungo va considerata la nuova normalità da favorire, una sfida che accomuna l’Italia con le economie più avanzate. Nessun paese mette in atto politiche per contenere la longevità, mentre nel resto d’Europa si introducono politiche più solide delle nostre per favorire la natalità”.

Il dato fornito dall’Istat è drammatico perché se nell’Unione europea negli ultimi 20 anni (2002-2022) la popolazione nella fascia d’età 30-34 anni è diminuita di 4,4 milioni (da 32,5 a 28,1 milioni), la perdita dell’Italia è stata di 1,3 milioni, il dato peggiore tra i paesi dell’Ue-27, corrispondente a oltre il 30 per cento della perdita complessiva dell’Unione. Così l’Italia si trova a essere il paese in Europa con una delle peggiori combinazioni tra bassa quota di chi arriva in età 30-34 con un titolo terziario utile per lavorare (da noi il terziario è monopolizzato dalle università: gli ITS devono ancora decollare come alternativa) e alta percentuale di Neet, ovvero di coloro che hanno smesso di studiare e non hanno un lavoro (25,7% nel 2022 contro una media Ue-27 del 15,7%). In poche parole: meno giovani, di cui pochi qualificati, dovranno farsi carico di un numero crescente di pensioni e di un’assistenza sociale con fabbisogno in aumento.

Una condizione che è una condanna per la competitività del sistema Paese, per l’oggi e ancor più per il domani, tanto più con il fardello del debito pubblico accumulato e dei relativi oneri per interessi (letteralmente esplosi). Il rischio di un default finanziario può essere sottaciuto, ma non cancellato.

Che cosa può fare l’Italia per contrastare il trend del “degiovanimento”? Lo sta facendo? Lo vuole fare? Ne parliamo nella notizia successiva.

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