Come cambia l’università europea: dal governo alla governance

Succede frequentemente di trovare all’interno di un saggio (e qualche volta perfino di un testo letterario) un passaggio – una frase, un concetto, talvolta una parola chiave – che consente al lettore di capire meglio la tematica trattata. È come se si accendesse una lampadina e la scena si illuminasse, rivelando ciò che prima restava in penombra, e permettendo all’osservatore di coglierla nel suo insieme.

È questo il caso, ci sembra, della distinzione che Roberto Moscati fa tra i termini ‘governo’ e ‘governance’ nel suo commento alla densa ricerca sulla ‘governance delle università europee’, coordinata da Marino Regini, i cui risultati vengono presentati nel numero 1/2015 del quadrimestrale Scuola democratica, diretto da Luciano Benadusi e pubblicato da il Mulino.

Il segno distintivo del cambiamento verificatosi negli ultimi decenni nelle università europee – sia pure in tempi diversi (più recenti per l’Italia) e con modalità che tengono conto dei contesti locali – è costituito per tutte dalla progressiva sostituzione del termine ‘governo’, “implicante attività sostenute da autorità formali”, con quello di ‘governance’, che “fa riferimento a ‘una struttura di relazioni che garantisce la coerenza organizzativa, e dunque autorizza politiche, decisioni, attività di programmazione, e altresì fornisce riscontri sulla loro correttezza, coerenza e convenienza’”, scrive Moscati (p. 147) citando la definizione proposta da M. Gallagher già nel 2001.

Le università europee sono in graduale transizione verso forme di managerialità gestionale che implicano più concorrenza, più valutazione, più interazione con le imprese e il mondo economico e minore autoreferenzialità. Se non lo facessero il sistema Europa accademico perderebbe il confronto con gli altri sistemi continentali o subcontinentali. Forse salverebbe la sua anima humboldtiana, l’ethos della ricerca ‘disinteressata’, ma perderebbe sul versante dell’innovazione. Avrebbe un passato ma non un futuro.

Questo numero di Scuola democratica, dedicato in gran parte all’università, contiene inoltre anche tre interessanti saggi che riguardano la scuola: il primo, di M. Benzoni e R. Impicciatore, su ‘Cultura fiscale e istruzione in Italia’, il secondo (in inglese) di P. Devleeshouwer, sul rapporto critico tra meritocrazia scolastica e integrazione sociale, il terzo di A.S. Farro e S. Maddanu sul caso di una scuola di quartiere romana, in ambiente multietnico, dove si sperimentano nuove forme di socialità e di esercizio della cittadinanza attiva.