Cacciari-Azzolina, scontro epistolare sulla DaD

Secondo Massimo Cacciari, che ha sottoscritto la lettera anti-DaD pubblicata dalla Stampa, redatta materialmente dal filosofo Umberto Curi e alla quale hanno dato la loro adesione altri 14 noti intellettuali (Alberto Asor Rosa, Maurizio Bettini, Luciano Canfora, Donatella Di Cesare, Roberto Esposito, Nadia Fusini, Sergio Givone, Giancarlo Guarino, Giacomo Marramao, Caterina Resta, Pier Aldo Rovatti, Carlo Sini, Nicla Vassallo, Federico Vercellone), “dare superficialmente per assodata l’intercambiabilità fra le due modalità di insegnamento – in presenza o da remoto – vuol dire non aver colto il fondamento culturale e civile della scuola, dimostrandosi immemori di una tradizione che dura da più di due millenni e mezzo e che non può essere allegramente rimpiazzata dai monitor dei computer o dalla distribuzione di tablet”.

Nel mirino del filosofo veneziano e dei suoi illustri colleghi, tutti prestigiosi cattedratici dell’area umanistica, sta la convinzione che dietro la DaD stia una deriva istruzionalistica della concezione della scuola. Ma “la scuola non vuol dire meccanico apprendimento di nozioni, non coincide con lo smanettamento di una tastiera, con la sudditanza a motori di ricerca. Vuol dire anzitutto socialità, in senso orizzontale (fra allievi) e verticale (con i docenti), dinamiche di formazione onnilaterale, crescita intellettuale e morale, maturazione di una coscienza civile e politica. Insomma, qualcosa di appena più importante e incisivo di una messa in piega o di un cappuccino”, è la sarcastica conclusione della lettera.

Una difesa colta della scuola tradizionale che si incrocia con le manifestazioni popolari in favore della riapertura delle scuole, il disagio degli insegnanti legati alla didattica in presenza e le forti riserve dei sindacati, preoccupati per l’aumento dei divari tra scuole, professori e alunni ‘tecnologici’ e gli altri, tagliati fuori dalla DaD, messo in luce dai monitoraggi e dalle indagini effettuati in questi mesi di emergenza.

Il tema verrà approfondito in un incontro intitolato “La scuola come schole’ nel post covid-19: due visioni a confronto”, in cui si confronteranno il filosofo Umberto Curi e lo studioso Giuseppe Bertagna, autore dell’Instant book “Reinventare la scuola. Un’agenda per cambiare il sistema di istruzione e formazione a partire dall’emergenza Covid-19”. L’evento, che verrà trasmesso via webinar sabato 30 Maggio alle ore 10.30, è organizzato da Dipartimento Istruzione di Forza Italia e vedrà la partecipazione di Valentina Aprea. Modererà il dibattito il direttore di Tuttoscuola Giovanni Vinciguerra.

La ministra dell’istruzione Azzolina si è sentita chiamata in causa dalla lettera degli intellettuali forse per l’accenno critico alla “intercambiabilità” tra didattica in presenza o da remoto e ha inviato a sua volta una lettera allo stesso quotidiano torinese con la quale, dopo aver riconosciuto che la didattica a distanza è stata una scelta obbligata, “unica vera alternativa all’abbandono degli studenti”, ha anche affermato che “della didattica a distanza non dobbiamo avere paura. Paura che spesso è anche sospetto, rifiuto”. E invece occorre imparare a parlare la lingua dei giovani e a “vivere il digitale con complicità, non con estraneità”. E dunque, conclude, “Riapriremo le scuole. Ma sarà anche necessario avere scuole più aperte”.

Ci sembra una replica moderata e sensata ai laudatores temporis acti, ai quali si è fragorosamente aggiunto il filosofo Giorgio Agamben, che in un commento intitolato ‘Requiem per gli studenti’ giunge addirittura ad affermare che i professori (parla dell’università) “che accettano di tenere i loro corsi solamente online sono i perfetti equivalenti dei docenti universitari che nel 1931 giurarono fedeltà al regime fascista”.