Brunetta e gli insegnanti fannulloni. Il torto e la ragione

Come spesso succede, si può avere torto e ragione nello stesso tempo. E’ quello che succede al ministro Brunetta nella sua battaglia campale anti-fannulloni. Una battaglia che proprio perché campale lo induce a sparare nel mucchio, senza fare distinzioni.

Ha torto, il ministro, quando non riconosce (o non sottolinea abbastanza) che tra le varie categorie di pubblici dipendenti delle quali egli si occupa quella degli insegnanti è una di quelle con più basso tasso di assenze (calati del 39,4% a ottobre 2008 rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, anche grazie probabilmente alle misure del Governo), superata di gran lunga da altre assai meglio retribuite (i dipendenti della scuola sono fanalino di coda per livelli retributivi nella PA). Giustificate sono dunque le molte lettere di protesta degli insegnanti che giungono ai giornali, e anche a Tuttoscuola, contro l’indiscriminato j’accuse del ministro.

Il quale ha ragione, invece, nel chiedere (come ha fatto prima di lui il giuslavorista Pietro Ichino, ora parlamentare del PD, in un celebre editoriale sul Corriere della Sera, dedicato al protofannullone prof. N.) misure drastiche e rapide a carico dei fannulloni conclamati, che sono particolarmente dannosi se sono insegnanti.

Chiunque abbia esperienza di scuola sa bene che esistono insegnanti eccellenti e disponibili, che non si assentano quasi mai, e per merito dei quali la scuola funziona, ma anche docenti poco motivati, spesso assenti ma pronti a difendere i propri “diritti”. E preparatissimi su ogni tipo di stratagemma, espediente o cavillo formale che giustifichi le loro assenze.

Il vero problema della scuola non è abbassare il tasso di assenteismo, ma trovare il modo di premiare i primi e penalizzare i secondi (secondo alcuni si tratta di due minoranze). Se Brunetta darà un contributo a risolvere questo problema avrà ragione. Altrimenti avrà torto.