Brasile o Slovacchia?. Ma non si parla di calcio…

Un interessante editoriale di Angelo Panebianco, pubblicato sul Corriere della Sera di sabato 10 luglio, affronta la questione del rapporto tra Nord e Sud del nostro Paese – alla luce del dibattito in corso sul federalismo fiscale – proponendo una alternativa secca tra due modelli di sviluppo: quello brasiliano, che ha puntato sull’autonomo sviluppo delle regioni più povere mantenendo l’unità della nazione (il Brasile ha un assetto federale), e quello slovacco, in cui la parte meno sviluppata e ricca della ex Cecoslovacchia, appunto la Slovacchia, ha scelto la strada della secessione e della completa indipendenza dalla parte più ricca, la zona che ha poi formato la Repubblica Ceca.

Il primo modello, riferito al contesto italiano, comporterebbe una interpretazione e gestione del federalismo (fiscale, ma anche scolastico, della sanità ecc.) che porrebbe termine al tradizionale trasferimento di risorse finanziarie dal Nord al Sud, puntando sulla capacità di quest’ultimo di avviare autonome politiche di sviluppo, senza protezioni e interventi assistenzialistici, come stanno facendo le regioni più povere del Brasile.

Il secondo modello, auspicato in passato dalle componenti più radicali del leghismo (si parlò di secessione), si riaffaccia ora anche per iniziativa dei fautori della formazione di un partito-movimento trasversale, la Lega Sud, fermamente intenzionata a battersi per il mantenimento degli interventi finanziari straordinari in favore del Meridione, a maggior ragione in previsione del diminuito intervento comunitario.

Panebianco non ha dubbi su quale sarebbe la via migliore, anche se il Brasile è stato meno brillante del solito nei mondiali di calcio, e la Slovacchia una sorpresa positiva (a nostra spese): ma la condizione per (cercare di) imitare il Brasile è la piena responsabilizzazione delle classi dirigenti, politica ed economica, del Sud, chiamate a una sfida per uno sviluppo autonomo, senza protezioni.