Braccio di ferro Regioni e Governo. Ma le piccole scuole non c’entrano

Il commissario ad acta previsto dal decreto legge 154 del 7 ottobre scorso per risolvere le situazioni di inadempienza delle Regioni nel dimensionamento delle istituzioni scolastiche sta mettendo a rischio il rapporto tra Stato e Regioni, già critico per le altre questioni che riguardano la scuola.

Il problema è in primo luogo di metodo. Era davvero necessario questo strappo istituzionale o, più opportunamente, il governo avrebbe dovuto per tempo avviare una riflessione comune su quel problema per arrivare ad una soluzione condivisa e funzionale?

Ma un equivoco rischia di far diventare il dimensionamento della rete scolastica, da problema di metodo, una questione di merito.

Il presidente Errani, nel respingere il diktat del decreto legge, ha dichiarato che “è in gioco la chiusura dei plessi scolastici con meno di 50 alunni“; per Mercedes Bresso, governatore del  Piemonte, sono “a rischio chiusura circa 816 plessi“. L’ex-ministro dell’istruzione, Fioroni, ha parlato di difficoltà di procedere al dimensionamento per la quantità di piccole scuole disseminate nei territori montani.

Ancora una volta si fa scivolare, dunque, la questione del dimensionamento delle istituzioni scolastiche (direzioni didattiche, presidenze) sugli alunni e sulle scuole dove questi si trovano ogni giorno a vivere con i loro insegnanti. E’ un equivoco. Queste scuole, piccole o grandi che siano, non c’entrano con l’operazione di dimensionamento della rete scolastica oggetto del braccio di ferro tra Stato e Regioni. Quelle scuole, in caso di accorpamento o soppressione della loro presidenza andata fuori parametro, rimarranno dove sono e dovranno essere amministrate dalla presidenza di un’altra istituzione scolastica. Il problema semmai si porrà se e quando verrà messo mano, come previsto nel piano programmatico del governo, alla riorganizzazione dei punti di erogazione del servizio (scuole con pochi alunni).

Che comunque anche tra le regioni vi siano opinioni diverse sul dimensionamento lo dimostra la dura presa di posizione del presidente del Veneto Giancarlo Galan: “Nelle ‘solite’ regioni, cioè quelle del centro sud – accusa – il dimensionamento delle scuole si è tradotto molto spesso in una operazione di semplice ‘fotografia’ dell’esistente; in sostanza, è stata in molti casi attribuita personalità giuridica autonoma a istituzioni scolastiche che non rientravano nei parametri di legge (500-900 alunni) con una moltiplicazione immotivata delle dirigenze scolastiche“.

Riportiamo in allegato la situazione per Regione delle scuole attualmente fuori parametro, tratta dal nostro dossier “Risparmi & qualità. La sfida della scuola italiana“.