Aspettando il piano programmatico finanziario della riforma/1

Manca un mese alla scadenza dei 90 giorni previsti dalla legge delega di riforma (l. 28 marzo 2003, n. 53), perché il Governo approvi il piano programmatico finanziario a sostegno della riforma.
Sul piano politico sarà questa la prima prova importante per avviare il nuovo sistema di istruzione e di formazione. Il piano, di durata triennale o quinquennale, dovrà prevedere, voce per voce, le risorse finanziarie individuate a sostegno della riforma.
Il Dpef che il Governo varerà tra breve dovrebbe indicare, senza trascurare i vincoli di bilancio, le misure idonee a sostenere i costi dei processi di innovazione e di sviluppo del sistema scolastico.
Non si tratta di questioni di poco conto. Basta scorrere l’elenco contenuto nell’articolo 1 della legge per capirne tutta la portata finanziaria e la valenza politica complessiva: costi per realizzare i nuovi ordinamenti e per valorizzare l’autonomia scolastica. Costi per lo sviluppo delle tecnologie multimediali e informatiche, per la valorizzazione professionale degli insegnanti e del personale Ata, per la formazione universitaria e in servizio degli insegnanti. E non è finita: si pensi, ad esempio, ai costi del nuovo diritto-dovere che estenderà l’obbligo fino a 18 anni, ai costi contro la dispersione scolastica, alla formazione professionale superiore (Ifts) e, dulcis in fundo, ai costi per gli interventi dei adeguamento delle strutture di edilizia scolastica.
Secondo il “Sole 24 ore” del 15 giugno il ministro Moratti avrebbe già inviato al Tesoro un piano complessivo quinquennale di 7,7 miliardi di euro, destinato a finanziare non solo la riforma, ma anche la parità scolastica e gli incentivi per i docenti. Per avviare la riforma sarebbero stati stimati 600 milioni di euro (circa 1.200 miliardi di vecchie lire) da impegnare per il prossimo triennio nelle leggi finanziarie: soldi freschi che andrebbero ad aggiungersi ad altri frutto di risparmi (tagli).
Il piano complessivo di 7,7 miliardi di euro dovrebbe essere finanziato con risorse fresche per 2 miliardi di euro. La necessità di colmare la differenza che c’è tra le disponibilità di denaro pubblico e le risorse necessarie per coprire i costi delle innovazioni fa ben capire di quale peso dovrebbe essere il risparmio da ricavare dalla spesa dell’istruzione e di altri ministeri.