Accordo sindacati-Confindustria: un deja vu per la scuola

L’accordo sulle rappresentanze sindacali del settore privato raggiunto nei giorni scorsi da Confindustria e sindacati è stato definito dagli interessati “storico”, in quanto mette fine ad una lunga stagione di divisioni, perché dopo 60 anni sono state definite le regole per la rappresentanza che permettono di avere contratti nazionali pienamente esigibili.

L’accordo prevede regole per l’esercizio del diritto di sciopero e sanzioni per mancato rispetto e le conseguenti violazioni. “È un accordo importante che regolerà i rapporti, le relazioni industriali in modo più chiaro e trasparente”.

In attesa di conoscere nel dettaglio il testo dell’accordo, ci si chiede se esso avrà effetti anche sul pubblico impiego, come spesso è avvenuto in passato quando i criteri della contrattazione del settore privato venivano estesi al pubblico.

Per quanto riguarda la rappresentanza sindacale vera e propria questa volta è il privato che copia dal pubblico, perché con l’accordo dell’altro giorno si mettono nero su bianco le regole per certificare gli iscritti e il voto dei lavoratori, indicando la soglia del 5% per sedere al tavolo della contrattazione nazionale. Nel settore privato, come già accade da 20 anni nel pubblico impiego, la rappresentatività verrà misurata attraverso l’incrocio, il mix tra numero degli iscritti e voto proporzionale delle Rsu (rappresentanze sindacali unitarie). L’intesa indica anche le regole per validare gli accordi, definiti dalle organizzazioni sindacali che rappresentano almeno il 50% più uno, cioè la maggioranza semplice.

Gli effetti sul pubblico impiego, compreso il comparto scuola, potrebbero invece riguardare la consultazione dei lavoratori per la quale sarà richiesta la stessa maggioranza semplice per la consultazione certificata dei lavoratori, il voto a cui cioè verranno sottoposti gli stessi accordi.