Trasferimenti sugli ambiti territoriali

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Soddisfare le richieste di 53 mila docenti con una disponibilità di 29 mila posti è impossibile: non c’è nessun algoritmo che tenga.

Ma l’esodo biblico non era ancora concluso, perché la seconda fase del movimento dei docenti consentiva (e consente tuttora) l’assegnazione provvisoria per un anno in un’altra sede.

Sappiamo tutti come è andata.

Migliaia di docenti meridionali, arrivati alle istituzioni scolastiche a ridosso dell’inizio delle lezioni con la chiamata diretta, hanno chiesto l’assegnazione provvisoria verso il Sud e le Isole senza nemmeno assumere servizio, aspettando la risposta degli uffici scolastici di casa loro.

In attesa di quella chiamata, nella maggior parte dei casi non hanno assunto servizio nelle sedi assegnate al Centro-Nord, utilizzando con creatività tutti gli strumenti contrattuali a loro disposizione (malattia per breve indisposizione, congedi per motivi di famiglia, permessi della 104 per assistenza a familiari).

Per sostituirli, i dirigenti scolastici, tra le proteste delle famiglie, sono stati costretti a utilizzare supplenti temporanei e, più tardi, supplenti annuali.

Non sono stati resi noti i dati di questa seconda fase del movimento, ma si può stimare che non meno di 40 mila insegnanti abbiano utilizzato lo strumento contrattuale dell’assegnazione provvisoria: un altro colpo di coda del monstrum di mobilità.

Non è dato sapere come e dove abbiano trovato posto a casa loro, vista la scarsa disponibilità di posti, ma in alcune regioni (Sicilia, Sardegna, Abruzzo), grazie ad una contrattazione sindacale integrativa, sono stati assegnati anche su posti di sostegno liberi, ancorché privi di specializzazione, con buona pace dei precari che ambivano a quei posti.

Se la discontinuità è stato l’elemento caratterizzante dell’assestamento del sistema, il movimento di massa ha fatto emergere anche un altro elemento di grande squilibrio che è in buona misura alla radice di questa politica di gestione del personale docente.

Ci riferiamo ad una nuova questione meridionale che da anni è al centro della gestione del personale.

I docenti meridionali sono tanti (si può stimare che siano non meno del 70% dei quasi 770 mila insegnanti in servizio). I posti disponibili nel Mezzogiorno sono poco più del 40% del totale.

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Non è possibile trovare posto per tutti e non si può nemmeno forzare le regole per inventare posti con una politica degli organici compiacente che penalizza le scuole e i docenti degli altri territori.

Il mondo politico e quello sindacale devono avere il coraggio di cercare e trovare soluzioni nuove e coraggiose per risolvere la questione senza indugiare in facili populismi.

Si può cominciare, ad esempio, a cercare ed attuare nuovi servizi educativi, investendo meglio le risorse finanziarie e umane nel Mezzogiorno (quanto tempo pieno c’è in quei territori?) e sollecitando politiche attive da parte degli Enti Locali.