Ripartizione organico aggiuntivo: 1.686 posti in meno alle grandi regioni

Poca trasparenza nell’assegnazione del 10% dei posti, ma dubbi di equità anche nella ripartizione del restante 90% dei posti aggiuntivi, pari a 43.931 unità che sarebbe stato ripartito – a quanto afferma la legge – in proporzione agli alunni. Poiché, questa volta, i dati dell’indicatore sono oggettivi, la distribuzione di quei 43.931 posti dovrebbe essere stata equa e attendibile. Invece…

Invece, sia per i tre settori interessati (primaria e secondaria di I e II grado) sia nel totale complessivo non vi è corrispondenza tra il numero degli alunni e quello dei posti erogati.

Ad esempio, l’Abruzzo che con 149.257 alunni complessivi ha il 2,2% dell’intera popolazione scolastica nazionale, ha ricevuto 1.109 posti (quota del 90% dei 1.232 assegnati all’Abruzzo) pari al 2,5% dei 43.931 posti assegnati. Avrebbe dovuto avere la stessa percentuale della popolazione scolastica (2,2%) pari a 956 posti: ha avuto quindi 153 posti in più.

Come l’Abruzzo, sono stati trattati ‘con maggiore attenzione’ tutte le regioni minori, tanto che il Molise, anziché ricevere 482 posti (quota del 90%), avrebbe dovuto averne 252 in meno, la Basilicata 232 in meno, l’Umbria 223 (sempre in meno), la Liguria 208, la Sardegna 194, il Friuli 183, le Marche 114  e la Calabria 103.

Le regioni maggiori, con la sola eccezione della Toscana, avrebbero dovuto avere più posti di quelli assegnati: la Lombardia 482 posti, la Campania 338, la Sicilia 229, la Puglia 209, il Lazio 164, il Veneto 159, l’Emilia 58 e il Piemonte 48.

Complessivamente la mancata perequazione vale 1.686 posti in più a favore delle piccole regioni e altrettanti in meno per le maggiori.

Ci sarà una logica in queste scelte rispetto agli obiettivi della riforma?