Nuove frontiere/2. L’Outdoor Education

Tra i vari modelli di didattica mista di cui si discute nel caso che si rendesse necessario integrare o comunque arricchire quella in presenza viene prospettato anche quello della Outdoor Education, da intendere però in senso ampio, come utilizzazione a fini educativi di esperienze extrascolastiche di vario genere.

A livello internazionale e tra i pedagogisti l’espressione è stata invece impiegata in passato – almeno fino alla prolungata chiusura delle scuole determinata dal Covid-19 – essenzialmente per indicare le pratiche educative che utilizzano l’ambiente naturale esterno agli edifici scolastici come ambiente educativo esperienziale. In Italia la tematica dell’Outdoor Education è stata approfondita dai pedagogisti Roberto Farné e Francesca Agostini in un volume del 2014 (Outdoor education. L’educazione si-cura all’aperto, Edizioni Junior) e in lavori successivi.

Diffusa soprattutto nel Nord Europa (Germania, Svezia, Norvegia) già nella seconda metà del Novecento l’Outdoor Education ha ispirato diverse esperienze anche in Italia: si riferiva però all’ambiente naturale (giardini, campi, boschi, orti botanici ecc.) come luoghi idonei per didattiche di tipo esperienziale, volte a rafforzare il senso di rispetto per l’ambiente naturale e a sviluppare le competenze affettive, sociali, creative e senso-motorie e la collaborazione tra pari.

Anche in Italia ci sono state esperienze significative soprattutto per quanto riguarda l’infanzia con progetti di educazione all’aria aperta come gli agrinidi e la scuola nel bosco. Il più importante è quello realizzato dal Comune di Bologna con la locale Università a partire al 2013-2014, ma ce ne sono altri, anche se poco noti. Nel dibattito attuale si tende invece a dare una interpretazione estensiva del concetto di «outdoor education», fino a comprendere esperienze formative extrascolastiche di vario genere dalle visite ai musei (per esempio quelli del Risorgimento di Torino, Milano e Roma per studiare l’unità d’Italia, o quelli di Scienze naturali) alle visite di studio anche in forma di realtà virtuale e aumentata in luoghi storici e in città d’arte, dai serious games individuali e di squadra, utilizzabili anche a sostegno dell’apprendimento delle lingue o della matematica, alle esperienze di scuola-lavoro e a quelle che molti giovani vivono nel volontariato o in ambito sportivo.

Ci si avvicina in questo modo a una concezione del processo educativo che superando le barriere tra educazione formale, non formale e informale apre all’approccio globale proposto dai teorici dell’educazione permanente, anche se per ora i piani di studio restano quelli previsti dagli ordinamenti vigenti. Per ora…