Draghi, Visco, Forum Ambrosetti: investire in educazione e ricerca

Ormai è un coro: la priorità va data agli investimenti in educazione e ricerca. Ma, almeno sul versante dell’educazione, non emerge un disegno condiviso su come poi concretamente utilizzare le maggiori risorse unanimemente invocate.

Nelle ultime due settimane si sono succeduti interventi importanti, a partire da quello di Mario Draghi in occasione dell’apertura del Meeting di Rimini 2020: “La situazione presente rende imperativo e urgente un massiccio investimento di intelligenza e di risorse finanziarie in questo settore”, aveva detto l’ex presidente della BCE, spiegando che “la partecipazione alla società del futuro richiederà ai giovani di oggi ancor più grandi capacità di discernimento e di adattamento”. Concetto ribadito pochi giorni fa in una conversazione (in inglese) con Filippo Crea, professore di Cardiologia dell’Università Cattolica e direttore dell’European Heart Journal.

In questa occasione, come abbiamo rilevato, il termine usato da Draghi è stato “Education”, un vocabolo che in inglese indica non solo l’istruzione di base ma anche la formazione di competenze professionali. Anche a Rimini Draghi aveva parlato esplicitamente della necessità di dare ai giovani una adeguata “qualificazione professionale”. Per lui, come da sempre per Romano Prodi, la priorità nella priorità dovrebbe comunque essere accordata alla formazione di competenze nell’area tecnica e professionale a livello secondario e post-secondario.

Ignazio Visco, governatore della Banca d’Italia, intervenendo da remoto all’EuroScience Open Forum (ESOF) 2020 – importante conferenza europea sulla ricerca scientifica e l’innovazione, che si tiene a Trieste ogni due anni – ha a sua volta insistito sul nesso tra istruzione e sviluppo: “l’enorme salto indietro” del PIL italiano, tornato ai valori del 1993, è stato provocato dal fatto che “sin dagli anni ’90 l’Italia ha avuto una crescita estremamente debole” anche a causa degli insufficienti investimenti in istruzione e ricerca, costantemente tra i più bassi in Europa. Si è limitato tuttavia a dare indicazioni di carattere generale osservando che “i dati mostrano che gli italiani non frequentano la scuola abbastanza a lungo”. La priorità sembrerebbe essere la lotta alla dispersione.

Anche Valerio De Molli, managing director del Forum Ambrosetti, in corso di svolgimento a Cernobbio (6-8 settembre), ha messo gli investimenti in educazione al primo posto tra le otto proposte per la ripartenza presentate nella prima giornata dell’edizione 2020 del Forum: “Investire sul sistema educativo; riformare il sistema scolastico e universitario; definire una visione strategica inclusiva, per diventare paese delle eccellenze; trattare con Europa da pari; ridurre la sovra burocrazia o burocrazia cattiva; decidere e attivare strategia industriale individuando i settori strategici, rafforzare la struttura industriale del paese; investire il doppio in digitalizzazione”. Ma “occorre anche garantire una esecuzione di qualità dei progetti misurando l’execution”, ha poi concluso.

Indicazioni generali e anche un po’ generiche, come si vede, tranne l’accenno di Draghi all’istruzione tecnica e professionale. Servirebbe una strategia più definita, nella consapevolezza che una occasione come quella del Recovery fund, associata al calo demografico, non capiterà più.

Proviamo a riproporre alcune idee maturate nella comunità di Tuttoscuola in anni di indagini e documentazioni sul pianeta scuola, alla luce della straordinaria accelerazione dei processi di cambiamento impressa dal Covid-19.