Mobilità docenti di sostegno, il caso positivo: ‘Per me l’inclusione è stata una scelta’

Dossier “Mobilità docenti di sostegno 2017:  lo tsunami che colpisce gli alunni disabili”/7

Tra le tante storie di cattiva organizzazione didattica e strutturale, riportiamo l’esperienza della prof.ssa Giovanna Mirra, da 30 anni insegnante specializzata sul sostegno.

Ho scelto da subito, sin dopo il diploma magistrale, di insegnare sul sostegno. Una volta diplomata mi sono laureata in psicologia e contemporaneamente ho fatto quattro anni di corsi monovalenti: due per insegnare alla scuola primaria con alunni sordi, uno per lavorare con alunni ciechi e un quarto per alunni con disabilità psicofisica. Concluso questo percorso e ottenuta la laurea ho svolto un quinto anno del corso per insegnare alle scuole secondarie di secondo grado: per insegnare sul sostegno, ho studiato cinque anni, più la laurea in psicologia!

Ho iniziato a lavorare prestissimo, in una scuola per alunni sordi, a Napoli. E’ un lavoro in cui ho sempre creduto. Credo nel recupero delle persone in difficoltà e nel grande lavoro sociale che fa la scuola, credo nella personalizzazione e individualizzazione della didattica e nella promozione del progetto di vita di tutti gli alunni, a prescindere dalle loro abilità.

A mio avviso la scuola può offrire un riferimento formativo ed educativo per tutti gli alunni. Negli anni non ho mai smesso di formarmi e di crescere, insieme ai miei alunni. Ho anche commesso alcuni errori e sono quelli che mi hanno fatto crescere di più. Per lavorare sul sostegno è comunque necessario avere la possibilità di lavorare con continuità e questo non sempre è possibile, anzi!”

Come considera la continuità didattica nel lavoro con alunni con disabilità?

È molto importante, direi fondamentale. Quando prendi in carico un ragazzo, è indispensabile che tu possa programmare i gli interventi nel corso degli anni, anche successivi. Con questi ragazzi i primi anni li passi a seminare per poi raccogliere negli anni successivi. Ma se non hai tempo per la semina, non avrai neanche la raccolta. Attraverso un lavoro continuativo si alimenta un rapporto basato sulla reciprocità, fiducia e costanza: ogni volta che un insegnante specializzato è costretto ad abbandonare la classe sulla quale è assegnato tutto questo lavoro viene vanificato: cambiare continuamente fa male, danneggia tutti.

Negli ultimi due o trea nni  ho assistito a un notevole peggioramento della situazione. Prima si riusciva a dare una logica di continuità, oggi, a causa dell’improvvisazione e precarietà, il livello dell’inclusione è crollato decisamente. Purtroppo molti docenti curricolari, pur non sapendo nulla, sono costretti ad accettare il ruolo di insegnanti di sostegno, senza alcuna esperienza né competenza.

Nella mia scuola siamo riusciti ad ottenere qualche risultato in più, perché ogni docente non specializzato è affiancato per alcune ore da un docente specializzato, facendogli da tutor: arrivano docenti non specializzati che non sanno cosa sia un PEI, non conoscono le parole della normativa, non sanno gestire un glh. Sono un tutor da molti anni, ma di docenti, non di alunni!

Prof.ssa Giovanna Mirra, liceo classico Orazio, Roma

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