Invalsi: il vaso di coccio

Non è da escludere che qualcuno, tra i tradizionali poteri forti della scuola italiana – Ministero e sindacati – si sia persino augurato nei giorni scorsi il drastico ridimensionamento dell’Invalsi che sarebbe derivato dall’eliminazione dei 10 milioni disposti in suo favore dalla Legge di Stabilità.

Una malignità? Non è detto che lo sia del tutto. Vediamo distintamente i due soggetti forti, in mezzo ai quali l’Invalsi ha rischiato di fare la parte del vaso di coccio.

Per quanto riguarda il Ministero dell’istruzione, tuttora largamente gestito (con eccezioni) da un apparato burocratico a forte tendenza inerziale e conservatrice, la notevole autonomia tecnico-scientifica dimostrata dall’Invalsi nel sessennio 2007-2013, sotto la guida degli economisti Cipollone e Sestito (i cui referenti si trovavano al Mef e in Bankitalia, non al Miur), che continua a caratterizzare l’attuale gestione, può aver suscitato qualche gelosia e disagio istituzionale a viale Trastevere, in qualche modo ‘oggettivamente’ responsabile dei molti guasti messi in luce dalle indagini nazionali e internazionali targate Invalsi.

Anche dai sindacati non sono mancate critiche dure, perché la ‘terzietà’ dell’Invalsi ha costituito un elemento di disturbo nei loro rapporti con il Ministero, soprattutto in tema di organizzazione e qualità del lavoro degli insegnanti. Prendiamo per esempio quanto dichiarato dal segretario della Flc Cgil Pantaleo: “I test sono privi di senso e lontani dalla realtà delle scuole. Minano la libertà d’insegnamento e si configurano come strumento di controllo che diffonde solo ostilità, paure e diffidenza. Non tengono conto del rapporto tra contesti territoriali e qualità formativa”.

Comunque, dopo il lavoro fatto negli ultimi anni, l’Invalsi si è guadagnato un suo spazio-ruolo con il quale anche gli (ex?) poteri forti della scuola italiana devono fare i conti. Non foss’altro che per il fatto che, in Italia e nel mondo, le lancette dell’orologio continuano a muoversi in avanti, e la valutazione di sistema – con tutte le correzioni e i miglioramenti che potranno esser apportati dal dibattito e dalla ricerca a livello internazionale – costituisce un punto di non ritorno per tutti.

Forse l’Invalsi, ancora privo di adeguata consistenza istituzionale e organizzativa, continua ad essere un vaso di coccio, ma i vasi di ferro non possono (più) permettersi di romperlo.