Vogliamo discutere seriamente di come ridurre i costi?/1
Vengono ridotti i finanziamenti alle Province? Spegniamo i riscaldamenti nelle scuole. Ormai si ragiona così nell’epoca dei tagli lineari, in cui si deve far fronte dopo decenni di sprechi a un debito pubblico mostruoso, che ad ogni scadenza lo Stato italiano deve onorare ricorrendo a nuovi onerosissimi prestiti. Del resto per le spese per la carta igienica, le fotocopie e così via, già le scuole sono costrette a richiedere in molti casi il contributo “non obbligatorio” delle famiglie. E’ questa la strada da seguire nell’affrontare un tema imprescindibile in uno Stato moderno quale l’organizzazione del servizio scolastico?
Semmai sarebbe più costruttivo ragionare su alcune improduttive distorsioni di sistema, che peraltro attraversano tutta l’organizzazione della pubblica amministrazione italiana e del settore dell’istruzione in particolare. Come quella che in troppi casi chi paga (cioè l’ente che sostiene il costo) non è colui che gestisce e utilizza il servizio, e che un serio ed efficace controllo dei costi non è fatto né dal primo né dal secondo. Non proprio le premesse ideali per un’oculata e sana gestione delle (ridotte) risorse a disposizione. Strano, no? Vediamo.
La Provincia (o la ditta alla quale essa affida il servizio in appalto) – che sostiene i costi di funzionamento e manutenzione degli edifici (parliamo di scuole secondarie superiori) – non ha oggettivamente la possibilità di controllare in maniera sistematica nelle singole scuole se, per esempio, il livello di riscaldamento è eccessivo o se le luci vengono spente sempre quando non servono, evitando sprechi. Lo fa – si dirà – il personale della scuola. Certo, ma un qualsiasi centro di spesa si gestisce e si controlla con adeguati sistemi di misurazione e monitoraggio che non possono che essere “vicini” a dove si generano i costi, e impostati secondo un principio di responsabilizzazione di chi governa le leve di quella specifica spesa e realtà.
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